Polonia. Approvata legge sull’Olocausto. Bufera su Varsavia

di Gianluca Vivacqua

Il Senato polacco, dominato dal partito conservatore Diritto e giustizia (Pis) di Jaroslaw Kaczynski, ha approvato la discussa legge sull’Olocausto, o meglio sulla posizione storica della Polonia nei confronti di quella tragedia, che aveva già incassato il sì della Camera. La legge, che scarica tutta la colpa sulla crudeltà nazista e stende un velo sul collaborazionismo polacco, aspetta ancora in realtà la firma presidenziale, ma sin dalla sua presentazione in Parlamento ha già provocato forti reazioni internazionali, in primis, prevedibilmente, da parte di Israele. Una doccia fredda, dopo che Varsavia si era meritata le lodi della Knesset per essersi associata agli Usa nella coraggiosa decisione di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si era già fatto sentire con accenti durissimi: aveva parlato chiaramente di “distorsione della verità” e di “tentativo di riscrivere la storia” e di “negare la Shoah”. Sul concetto di negazione della Shoah è tornato a poche ore dall’approvazione del testo anche il ministro dell’Edilizia Yoav Galant, con un tweet in cui ha scritto che “La memoria di sei milioni di ebrei uccisi è più forte di qualsiasi legge”. Nello stesso post il ministro esorta a tutelare quella memoria minacciata e riflette indirettamente su quanto sia indispensabile, per la nazione ebraica, avere uno stato forte e indipendente che possa proteggerne l’identità e assicurarle quindi la capacità di difendersi da sola.
Il ministro degli Esteri Tzipi Livni ha parlato poi di “un doppio sputo in faccia ad Israele”, memore del fatto che, in precedenza, proprio per la revisione di quel testo, il governo israeliano aveva trovato un accordo con Varsavia, salvo poi vederlo del tutto disatteso e ignorato. Un ripensamento sulla formulazione era stato anche il consiglio dato dagli Usa al governo Moraviecki. Sul fronte Ue il primo vicepresidente della Commissione, Franz Timmermans, si è associato ai ministri israeliani con un “Non si deve negare la storia”, mentre l’ex premier polacco Donald Tusk ha posto l’attenzione sull’effetto-boomerang che la legge, in modo esattamente contrario alle sue intenzioni, avrà sull’immagine della Polonia. L’espressione “campi polacchi” riferita ai lager nazisti – osserva Tusk – è senz’altro una spregevole diffamazione ai danni del paese, ma di sicuro non si poteva trovare strumento più potente della nuova legge per “promuovere questa vile calunnia in tutto il mondo, efficacemente come mai prima”.
Ecco nel dettaglio cosa prevede la legge: una pena carceraria fino a 3 anni per chi accusi la Polonia di crimini nazisti o per chi qualifichi come “polacchi” i campi di concentramento hitleriani solo perché situati in Polonia (in effetti, a parte Dachau e Mauthausen, tutti gli altri principali campi di sterminio degli ebrei si trovavano proprio in Polonia: in primo luogo Auschwitz-Birkenau, e poi Sobibor, Chelmno, Belzec, Treblinka e Majdanek). Ma tocca anche un versante extra-semita: essa condanna infatti anche coloro che negano i crimini compiuti sui polacchi nel corso della seconda guerra mondiale, dai nazionalisti ucraini.
Proprio per questo critiche al testo sono piovute anche dal ministero degli Esteri dell’Ucraina.