Polonia. La Corte costituzionale stabilisce il primato delle leggi nazionali su quelle europee

A Varsavia entusiasmi di facciata: l'allontanamento dall'Ue potrebbe davvero costare caro al PiS.

di Enrico Oliari –

In agosto è sembrato che la Polonia fosse pronta a cedere a Bruxelles sulla controversa riforma della Giustizia voluta dal Partito Diritto e Giustizia (PiS) al potere. La riforma è stata varata tre anni fa, e nel settembre 2018 la Polonia è stata deferita alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per un impianto legislativo che attribuiva tra l’altro la scelta dei giudici della Corte suprema al Parlamento (e quindi della maggioranza al potere), al ministro della Giustizia (e quindi al governo) una forte influenza sulla Corte suprema e la nomina dei presidenti dei tribunali ordinari al ministro della Giustizia (e quindi al governo). Prevedeva inoltre un organo di controllo sulla magistratura, cosa che non avrebbe garantito la libertà e l’indipendenza dei giudici, come pure la possibilità di sottoporli a processo penale o a tagliarne gli stipendi.
Ad insistere per l’attuazione della norma era stato l’euroscettico Jaroslaw Kaczynski, leader di Diritto e Giustizia e soprattutto uomo forte di cui l’allora premier Beata Szydlo era solo un prestanome. Un’iniziativa che aveva scatenato corpose proteste di piazza, ma anche il presidente della Repubblica Andrzej Duda, proveniente dallo stesso partito, aveva sul momento posto il veto alla riforma rispedendola al Parlamento.
Oggi però c’è stato un colpo di scena, dopo che la Corte costituzionale polacca ha stabilito la correttezza di diversi articoli della riforma del PiS, ma soprattutto ha decretato che alcuni articoli dei Trattati tra il paese e l’Unione Europea sono “incompatibili” con la Costituzione polacca, per cui Bruxelles verrebbe ad “agire ben oltre le proprie competenze”.
Varsavia ha fatto insomma sapere di voler fare come pare e piace in casa propria, e il portavoce del governo Piotr Muller ha espresso soddisfazione notando che la sentenza stabilisce “il primato del diritto costituzionale sulle altre fonti del diritto”.
Europei a metà quindi i polacchi, sovranisti sui gay, sull’aborto, sui giudici, sul controllo della stampa e quant’altro, ma europei, europeissimi quando si tratta di carpire i soldi dalle tasche dei contribuenti dell’Unione, dal 2015 e il 2019 49,5 miliardi di euro netti, senza contare le somme previste per il Next Generation Eu (58,7 miliardi di euro). Questi ultimi soldi bloccati prudentemente da Bruxelles, nell’attesa di capire le intenzioni del premier Mateusz Morawiecki, alter ego di Jaroslaw Kaczynski.
A Bruxelles si è parlato di “fatto gravissimo”, anche perchè, come ha spiegato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, “I nostri Trattati sono molto chiari. Tutte le sentenze della Corte di Giustizia Ue sono vincolanti e la legge Ue ha il primato sulla legge nazionale. Useremo tutti i poteri che abbiamo ai sensi dei Trattati per assicurarlo”.
Qualcuno parla di “Polexit”, cosa che metterebbe in ginocchio il paese nel momento in cui verrebbe chiamato a restituire i miliardi ricevuti, ma qui si rischia di correre con la fantasia. Certo è che al di là degli entusiasmi il governo polacco è stato messo in un cul de sac dalla Corte costituzionale polacca: l’antieruopeismo da propaganda rischia di costargli davvero caro.