Portaerei: il gap della Russia. Intervista ad Andrea Gilli

di Francesco Cirillo –

Un recente incendio sull’unica portaerei russa, peraltro di epoca sovietica, ha evidenziato il gap della potenza marittima russa rispetto a quella statunitense. Ne parliamo con Andrea Gilli, Senior Researcher in Military Affairs al NATO Defense College di Roma *.

– Nei giorni scorsi, durante lavori di saldatura, sulla portaerei russa “Admiral Kuznetsov” si è sviluppato un importante incendio con sei intossicati: ritiene che l’accaduto metta a nudo il gap tecnologico della Russia in ambito militare?
Dovremmo capire bene le cause. In generale noi sappiamo che la Russia è una se non due generazioni indietro nella tecnologia militare. Nello specifico è possibile che ci siano altri fattori che spiegano l’incendio, quali procedure non seguite accuratamente, manutenzione non completata in modo appropriato, o errori nell’aggiornamento e sostituzione di componenti e sotto-sistemi. Questi tratti però segnalano comunque un gap con i Paesi occidentali. Piattaforme militari avanzate richiedono molta cura e manutenzione!“.

– Perché Mosca si ostina a mantenere e spendere risorse per una unità navale risalente al periodo sovietico?
Bisognerebbe chiederlo a Mosca. Resta il fatto che le portaerei permettono di proiettare capacità di fuoco in teatri distanti. Spieghiamo meglio: un caccia-bombardiere ha un raggio relativamente limitato, sui 500 km. Se un Paese intende dunque condurre operazioni aeree in aree remote ha tre opzioni principali: costruire basi all’estero; usare aerei per il rifornimento aereo per prolungare il raggio dei suoi caccia-bombardieri; investire su portaerei. La terza opzione è più efficiente della seconda e politicamente meno complessa della prima, in quanto i mari possono essere solcati senza ostacoli politici. La Russia semplicemente, immagino, beneficia dalla flessibilità delle portaerei e quindi mantiene questa capacità“.

– L’egemonia navale statunitense e dei suoi Strike Carrier Group resta irraggiungibile?
Sì. Qualche anno fa Robert Work, che poi sarebbe diventato vice-segretario alla Difesa, fece uno studio: gli Stati Uniti potevano colpire circa 7mila obiettivi in un solo giorno con il suo potere aero-navale. Il Paese successivo era la Francia, con 67. Da allora qualcosa sarà certamente cambiato, ma non radicalmente. Gli Stati Uniti hanno 11 portaerei da 100mila tonnellate l’una. Ora che il Regno Unito esce dall’Unione Europea, in Europa ci saranno tre portaerei, una francese da 40mila tonnellate, una italiana e una spagnola sotto le 30mila“.

– Le debolezze militari russe stanno venendo fuori?
Direi che non sono mai venute meno. In Georgia nel 2008 emersero enormi problemi. I loro missili anti-radar non centravano gli obiettivi. In Siria qualche anno fa i missili da crociera russi finirono 300 km fuori obiettivo. Ci sono alcune aree di eccellenza. Ma nel complesso la Russia resta indietro, per assenza di investimenti, per debolezza della sua base industriale e per via della corruzione che caratterizza il suo apparato industriale-militare“.

– La Russia rischia di essere superata in ambito militare anche dal suo “Alleato” cinese?
Dipende. In alcuni ambiti la Cina è più avanti della Russia, quali l’intelligenza artificiale o le comunicazioni 5G. In altri, quali caccia-bombardieri o sottomarini nucleari, la Cina ha comprato materiale russo per decenni, ha provato ad imitarlo, ma ha fallito e dunque è tornata sui propri passi. In un articolo accademico uscito di recente spiego come mai sia estremamente difficile copiare tecnologie militari avanzate, e ciò aiuta la Russia rispetto alla Cina“.

– Nelle attuali dottrine militari la portaerei mantiene una centralità fondamentale?
Come detto in precedenza, le portaerei offrono enorme flessibilità e rappresentano lo strumento più efficiente per proiettare potere militare. La loro centralità dipende però dal contesto. Nel Mar Baltico o nel Mar Nero le portaerei sono relativamente meno utili che nel Pacifico occidentale. Nello stesso Mediterraneo, Italia e Francia hanno portaerei relativamente piccole rispetto a quelle americane. E’ ovvio che se i Paesi europei vorranno essere più presenti in Asia, probabilmente dovranno investire su questi asset. Nel futuro ovviamente qualcosa potrebbe cambiare, man mano che i missili di precisione si diffondono, e dunque le portaerei diventano più vulnerabili“.

* Le opinioni espresse rappresentano quelle dell’intervistato e non riflettono le posizioni ufficiali della NATO, del NATO Defense College o di altre organizzazioni con cui l’intervistato è o è stato associato.