di Guido Keller –
Crimea 2.0. Il referendum indetto da Vladimir Putin per quella che verrebbe ad essere de facto l’annessione del Donbass e di altre parti dell’Ucraina si presenta fin troppo evidentemente come farlocco, basti pensare che a votare saranno quei pochi aventi diritto che hanno scelto di non fuggire dai bombardamenti ucraini e da quelli russi. All’inizio si potrà votare via internet, il che è tutto dire, ma poi, ancora peggio, saranno i militari di Mosca a girare casa per casa a raccogliere le espressioni di voto, cioè sostanzialmente se si vorrà rimanere con l’Ucraina o passare sotto la Federazione Russa. La risposta appare scontata, ma quello che interessa al Cremlino è darsi una parvenza di legittimità nella guerra e per l’annessione dei territori. Per farla breve, per il Cremlino si combatte e si sottraggono aree alla sovranità ucraina perchè è il popolo a chiederlo.
Ad essere interessate dalla pseudo-consultazione referendaria, che dura 4 giorni, sono le regioni di Donetsk e di Lugansk, già autoproclamatesi repubbliche indipendenti e prontamente riconosciute dalla Russia, ma anche i distretti di Zaporizhzhia e Kherson, nel sud del paese.
Specialmente a Lugansk e Donetsk, regione quest’ultima al centro della controffensiva ucraina, il referendum appare scontato a favore dei russi, e già si ipotizza il passaggio dei dipendenti pubblici all’amministrazione russa. Tuttavia va ricordato che proprio la “questione” dei due territori secessionisti è tra le motivazioni messe da Putin alla base dell’attacco all’Ucraina del 24 febbraio: in barba al Protocollo di Minsk-2 del 2015, sottoscritto anche dall’Ucraina, Kiev non ha riconosciuto le autonomie del Donbass e neppure ha attuato la tutela delle minoranze linguistiche arrivando a chiudere i giornali e le scuole in lingua russa, e proibendo il russo negli atti pubblici, esattamente come fecero i fascisti in Alto Adige negli anni Venti. Non solo: per contrastare la macroscopica interferenza russa nel Donbass Kiev vi ha mandato a combattere il Battaglione Azov, composto anche da elementi dell’estrema destra internazionale e già nel 2016 macchiatosi di gravi crimini di guerra, cime ebbe a riportare un rapporto dell’Osce.
Fatto sta che sanzioni o non sanzioni, gas o non gas, controffensiva o non controffensiva, Putin appare determinato ad andare per la sua strada. E a non mollare la presa in una guerra che potrebbe protrarsi per anni. Anche perchè, come ha affermato il suo braccio destro Dmitri Medvedev, “se tali territori entreranno a far parte della Federazione Russa, verranno difesi con ogni arma, anche nucleare”.