di Giovanni Caruselli –
Come già più volte ha fatto, lo “zar” Vladimir ricorda dal Cremlino al mondo che la Russia è una potenza nucleare. È il solito bluff oppure c’è qualcosa di più? È il caso di verificare se scatenerebbe la catastrofe atomica o forse è meglio usare la prudenza? Ragionandoci bene sopra la seconda opzione sembra preferibile. L’arma nucleare non può essere usata per intimidire, se sarà usata lo scopo sarà quello di distruggere e uccidere come mai prima è stato possibile. Nei primi mesi di guerra era plausibile che il lancio di un ordigno nucleare su un atollo sperduto nella zona artica potesse funzionare come ultimo avvertimento agli ucraini e all’occidente e in qualche modo costringerli almeno a una tregua per avviare trattative. Oggi, dopo decine di migliaia di morti da una parte e dall’altra, sarebbe una dimostrazione di debolezza e non di forza.
Anche se l’opinione pubblica russa è controllata dall’alto, i “sudditi” di Putin si chiederebbero perché non è stato fatto prima o, peggio ancora, perché non si è chiusa la partita con un bombardamento nucleare su vasta scala. Lo stesso ricorso all’arma atomica farebbe pensare al cittadino comune che la tanto sbandierata strapotenza dell’armata rossa non è stata capace di costringere la modesta Ucraina alla resa. Sicuramente dal punto di vista propagandistico sarebbe un clamoroso autogol. L’alleanza d’acciaio con la Cina ne risentirebbe inevitabilmente dal punto di vista economico dal momento che una guerra nucleare sconvolgerebbe qualunque transazione commerciale proprio in un momento in cui il Dragone sta volando basso rispetto al passato e ha bisogno di nuove poderose ondate di esportazione. Anche per l’India si potrebbe pensare qualcosa di simile anche se in misura certamente minore.
Tuttavia i pochi primi decenni del terzo millennio ci hanno abituato a nutrire parecchi dubbi su ciò che prima si considerava certo. L’opinione pubblica si era ormai abituata a considerare la bomba atomica come il più forte deterrente contro la minaccia nucleare e oggi invece come una tragica possibilità concreta. Tutto ciò dovrebbe spingere i decisori di tutte le potenze mondiali a incominciare a pensare seriamente a un realistico percorso di pace. E qualche volta così sembra che sia. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che aveva preannunciato in maniera un po’ enfatica il suo piano per la vittoria, e non per la pace, ha ascoltato chi gli suggeriva di rientrare nei ranghi perché questa guerra non potrà avere né vincitori né vinti, ma solo più o meno morti da ambedue le parti. Se una guerra aperta fra le maggiori potenze planetarie ci sarà, ciò non avverrà sicuramente per il Donbass e la Crimea, regioni che pur se importanti su scala est europea, non possono condurre a un conflitto planetario che non converrebbe a nessun contendente.
L’Unione Europea non può continuare a finanziare sine die una guerra priva di prospettive. Con la vittoria dell’AFD in Turingia e della destra estrema in Austria sta crescendo pericolosamente, un fronte che vede con il fumo negli occhi gli aiuti forniti a Kiev. Anche l’ostilità alla Russia che, seppure giustificata sul piano giuridico e umanitario, porta solo costi economici e contrasti interni fra i 27 non raccoglie i consensi dei primi giorni. Certamente fare a meno dei rifornimenti energetici russi era nella logica del green deal europeo, ma lo si sarebbe potuto fare in maniera meno traumatica e costosa. La crescita delle destre ha riportato in auge la pessima abitudine dei politici di questa parte politica di promettere provvedimenti irrealistici, come quello di espellere milioni di immigrati non integrati, senza dire dove mandarli e come convincere vari Paesi terzi ad riammetterli in patria.
Il Piano Draghi ha ricordato ai rappresentanti dei 27 dell’Unione che l’Europa non solo non è più il centro del mondo, come avevamo già capito, ma è un’area chiaramente in declino che non tiene il passo delle vere superpotenze tecnologicamente, finanziariamente e militarmente. E probabilmente deve pensare a frenare il suo declino prima di impegnarsi ad aiutare massicciamente altri Paesi in gravi difficoltà. Insomma un sano bagno di realismo politico ed economico di cui si sentiva il bisogno. Comunque il nuovo ordine mondiale non si deciderà sicuramente a Bruxelles.