di Giuseppe Gagliano –
Un tribunale militare della Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha condannato a morte 37 persone, tra cui tre cittadini statunitensi, per il loro coinvolgimento nel fallito tentativo di colpo di stato avvenuto a maggio. I condannati facevano parte di un commando armato che il 19 maggio 2024 ha attaccato la residenza di Vital Kamerhe, all’epoca ministro uscente e futuro presidente dell’Assemblea nazionale. Non trovando Kamerhe, il gruppo ha tentato di raggiungere il Palazzo della Nazione, sede del potere governativo, ma è stato fermato dalle forze di sicurezza congolesi.
Gli imputati sono stati accusati di terrorismo, cospirazione e detenzione illegale di armi. Tra i condannati, oltre ai cittadini statunitensi, c’è anche il belga-congolese Jean-Jacques Wondo, la cui famiglia ha cercato invano di ottenere la sua liberazione. Le famiglie degli statunitensi, tra cui quella di Marcel Malanga, hanno sostenuto l’innocenza dei loro congiunti chiedendo clemenza al presidente congolese Félix Tshisekedi. Nonostante gli appelli, il tribunale ha emesso la pena capitale per 37 persone, mentre 14 imputati sono stati assolti.
La sentenza ha sollevato preoccupazioni da parte della comunità internazionale e delle organizzazioni per i diritti umani, che hanno chiesto la commutazione della pena in ergastolo, evidenziando la necessità di un processo equo e del rispetto dei diritti fondamentali degli imputati. La pena di morte è ancora una pratica comune in RDC per reati come terrorismo e colpi di stato, e questo caso ha riacceso il dibattito sulla giustizia e sui diritti umani nel paese, ma va detto che la pena di morte è anche realtà negli Usa.