RD Congo. Espulso l’ambasciatore del Ruanda. I ribelli dell’M23 guadagnano terreno

di Andrea Cantelmo

Cresce la tensione tra Ruanda e Congo. Le autorità di Kinshasa hanno espulso l’ambasciatore ruandese, Vincent Karega, a causa del presunto supporto del paese da lui rappresentato ai ribelli del “Movimento 23 marzo”, che negli ultimi giorni hanno guadagnato ulteriore terreno arrivando a controllare l’importante città di Kiwanja, nel nord della provincia di Kivu.
La Repubblica Democratica del Congo da sempre ritiene che i ribelli del M23 siano sostenuti e finanziati da Ruanda e Uganda, interessati a creare caos nel proprio sistema politico e trarne vantaggi. Il gruppo nasce ufficialmente nel 2012 quando alcuni soldati si ammutinarono dall’esercito del Congo e dal contingente di peacekeeping dell’Onu (Monusco) e il 20 novembre di quell’anno riuscirono a prendere il controllo della città di Goma, capitale della provincia di Kivu Nord. La ribellione ebbe un punto di svolta l’anno successivo quando 11 paesi africani, tra cui Ruanda e Uganda, firmarono un accordo – sponsorizzato dalle Nazioni Unite – per portare la pace nel paese. Lo stesso Ban Ki Moon, all’epoca Segretario Generale dell’Onu, si augurava che il patto fosse foriero di “un’epoca di pace è stabilità nella regione dei ‘Grandi Laghi’ in Africa”.
La reazione del Movimento 23 marzo non fu unitaria a questi accordi e il leader politico Jean-Marie Runiga Lugerero fu cacciato e Sultani Makenga prese la guida del gruppo ribelle scatenando una faida interna tra le due fazioni. Ciò comportò l’invio di ulteriori 3mila unità di Caschi Blu delle Nazioni Unite, sempre all’interno dell’operazione Monusco, con l’obiettivo di neutralizzare il gruppo ribelle e riportare la sicurezza all’interno del paese.
Nell’ottobre 2013 ci fu un’importante offensiva delle forze governative del Congo che costrinsero alla resa che fu siglata con un accordo a Nairobi, in Kenya, il 12 dicembre 2013 tra i ribelli del M23 e il Governo della Repubblica Democratica del Congo. Dopo questo patto numerosi combattenti ribelli furono reintegrati nell’esercito.
Il Movimento 23 marzo ha avuto la sua rinascita lo scorso novembre sostenendo che il Governo aveva fallito nel mantenere le promesse fatte a quei tempi e che in quasi 10 anni non è avvenuto nessun miglioramento tangibile. Dietro questa nuova offensiva, culminata, con la conquista di due importanti città di Kivu Nord nei giorni scorsi, vi è il sospetto da parte del governo congolese che vi sia un supporto esterno. A corroborare tale ipotesi vi è anche il report dell’Onu di agosto in cui degli esperti sostengono che ci siano ‘solide prove’ che membri delle forze armate del Ruanda stessero conducendo operazioni nel Congo dell’Est in supporto al M23.
Dopo la conquista di Kiwanja, alcuni manifestanti congolesi hanno marciato da Goma fino al confine col Ruanda denunciando quanto avvenuto come una aggressione da parte del Ruanda. Infine, come gesto finale è stata bruciata una bandiera ruandese.
Il Ruanda, dal canto suo, respinge in modo categorico ogni coinvolgimento e un portavoce del Governo ha dichiarato: “E’ vergognoso che la repubblica Democratica del Congo continui ad usarci come capro espiatorio per distrarre la popolazione dai fallimenti del suo Governo in tema di sicurezza interna e governance”.