RD Congo. Poche prospettive di pace con il Ruanda

di Giuseppe Gagliano

La situazione nel Congo orientale continua a essere fonte di tensione tra la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il Ruanda, con i presidenti Félix Tshisekedi e Paul Kagame che si accusano a vicenda per la mancanza di progressi verso una pace duratura. L’ultimo tentativo di mediazione è avvenuto durante il summit dell’Organisation Internationale de la Francophonie, tenutosi a Villers-Cotterêts e Parigi, dove il presidente francese Emmanuel Macron ha cercato di facilitare un incontro tra i due leader. Tuttavia, nonostante gli sforzi, l’incontro congiunto non si è concretizzato, portando Macron a incontrare Tshisekedi e Kagame separatamente. Il presidente francese ha esortato entrambi i leader a concludere rapidamente un accordo di pace per porre fine al conflitto nel Congo orientale, una regione che da anni è devastata da violenze, gruppi armati e crisi umanitarie.
La tensione è ulteriormente aumentata quando Tshisekedi ha abbandonato una sessione plenaria in segno di protesta contro il mancato riferimento di Macron alla presenza delle truppe ruandesi nella regione orientale del Congo. La sua azione ha fatto eco all’Eliseo, spingendo Macron a chiedere, durante il discorso di chiusura del summit del 5 ottobre, il ritiro immediato sia delle truppe ribelli dell’M23 sia delle forze ruandesi dal territorio congolese. Il Ruanda, da parte sua, ha respinto con forza le accuse provenienti da Kinshasa. Olivier Nduhungirehe, ministro degli Esteri del Ruanda, ha dichiarato che ad agosto e all’inizio di settembre era stato raggiunto un accordo di pace tra le parti, incluso il coinvolgimento del capo dell’intelligence militare del Congo. L’accordo prevedeva la neutralizzazione delle Forces démocratiques de libération du Rwanda (FDLR), un gruppo ribelle hutu ritenuto responsabile di violenze contro il Ruanda, e la revoca delle misure di difesa ruandesi. Tuttavia Nduhungirehe ha accusato i ministri congolesi di aver bloccato l’accordo, portando a un nuovo stallo nei negoziati che erano stati mediati dall’Angola.
Il Ruanda ha inoltre negato con forza ogni coinvolgimento nel sostegno all’M23, un gruppo ribelle attivo nel Congo orientale che ha causato numerose vittime e sfollati negli ultimi anni. Al contrario Kigali ha accusato Kinshasa di sostenere le FDLR, una fazione ribelle guidata dagli hutu, che il Ruanda considera una minaccia alla sua sicurezza. Per il Ruanda la neutralizzazione delle FDLR è un prerequisito indispensabile per il ritiro delle proprie forze dal Congo orientale.
Le Nazioni Unite hanno raccolto prove del sostegno militare fornito dal Congo alle FDLR, e allo stesso tempo hanno documentato il coinvolgimento del Ruanda nell’addestramento e nel rifornimento di armi al gruppo ribelle M23, aggravando ulteriormente la tensione tra i due paesi. Un recente rapporto dell’ONU ha fornito dettagli sul presunto supporto logistico e militare del Ruanda all’M23, portando la RDC a sollecitare sanzioni internazionali contro Kigali, accusandola di destabilizzare ulteriormente la regione.
Il conflitto nel Congo orientale continua a causare enormi sofferenze alla popolazione civile, con milioni di persone sfollate e una crisi umanitaria che sembra non avere fine. La regione, ricca di risorse naturali, è teatro di scontri tra vari gruppi ribelli con il coinvolgimento di forze straniere, compreso il Ruanda. I continui stalli diplomatici e le accuse reciproche tra Tshisekedi e Kagame rendono difficile vedere una rapida risoluzione del conflitto. Senza un accordo definitivo e un chiaro impegno da parte di tutte le parti coinvolte, il rischio è che la violenza continui a imperversare, aggravando ulteriormente la situazione già critica nella regione.