“Resilienza”… ma non per tutti!

di C. Alessandro Mauceri

Una delle parole più usate dai personaggi che affollano i talk show oggi è “resilienza”. Secondo la Treccani in economia la resilienza è la capacità di tutelarsi e resistere a eventi imprevisti.
Stando ai dati dell’ultimo rapporto Oxfam “Il virus della disuguaglianza”, diffuso in occasione dell’apertura del Forum di Davos, le varie fasce sociali hanno mostrato una “resilienza” molto diversa. Il rapporto, basato sulle analisi di 295 economisti in 79 paesi, prevede una crescita del divario tra ricchi e poveri: l’87% degli intervistati si aspetta “un aumento” o “un significativo aumento” della disuguaglianza di reddito nel proprio Paese a causa della pandemia. Sono bastati nove mesi alle mille persone più ricche del pianeta per recuperare le perdite che avevano subito a causa del Covid-19. Al contrario per i più poveri potrebbero non bastare 10 anni per riprendersi dalle catastrofiche conseguenze economiche della pandemia. Alla fine il coronavirus aumenterà le disuguaglianze economiche, sociali, razziali e di genere preesistenti.
In barba alle promesse e ai proclami sbandierati da alcuni politici, per la prima volta negli ultimi cento anni si registra un aumento della disuguaglianza economica in quasi tutti i paesi del mondo contemporaneamente.
Con la ripresa dei mercati azionari, riporta Oxfam, le fortune dei miliardari hanno raggiunto i massimi storici: a dicembre la loro ricchezza totale aveva raggiunto gli 11.950 miliardi di dollari, l’equivalente delle risorse stanziate da tutti i Paesi del G20 per rispondere agli effetti della pandemia. Dall’inizio della crisi la ricchezza dei 10 uomini più ricchi è aumentata di 540 miliardi di dollari. una somma sufficiente a pagare il vaccino per tutti gli abitanti del pianeta. Oxfam porta l’esempio del proprietario di Amazon: “Tra marzo e dicembre 2020, mentre la pandemia innescava la più grave crisi occupazionale degli ultimi 90 anni lasciando centinaia di milioni di persone disoccupate o sottooccupate, il valore netto del patrimonio di Jeff Bezos è aumentato di 78,2 miliardi di dollari”.
Al contrario per chi era in difficoltà già prima del Covid-19, la ripresa sarà dura e lunga: prima della pandemi, la metà dei lavoratori nei Paesi più vulnerabili era già in condizione di povertà e i tre quarti della forza lavoro non godeva di alcuna forma di protezione sociale, come l’indennità di malattia e i sussidi di disoccupazione. La stessa Banca Mondiale prevede che entro il 2030 il numero delle persone in povertà, con un reddito inferiore a 5,50 dollari al giorno, aumenterà di mezzo miliardi di individui.
Il rapporto “Shelter from the Storm”, realizzato da Oxfam in collaborazione con Development Pathways, ha esaminato i programmi governativi utilizzati per iniettare denaro aggiuntivo per aiutare le persone, come disabilità, disoccupazione, sussidi per bambini e anziani per 126 paesi a basso e medio reddito. E anche in questo caso sono emerse differenze tra ricchi e poveri. Secondo i ricercatori, la spesa per far fronte alla ricaduta della pandemia sarebbe stata di 11,7 triliardi (11,7 milioni di miliardi) di dollari. Di questi solo lo 0,4% (42 miliardi) è stato speso in 59 paesi a basso reddito. Al contrario,9,8 triliardi (l’83%) sono finiti nelle casse dei 36 paesi più ricchi. Qui la spesa per persona ammonta a oltre 690 dollari, mentre nei paesi a basso reddito la spesa varia tra i 4 e i 28 dollari.
Come per molti altri casi (si pensi alla spesa per armi e armamenti a fronte di crisi umanitarie risolvibili con impegni di spesa di gran lunga inferiori) lascia sgomenti la semplicità con cui sarebbe possibile adottare soluzioni per compensare questo divario e risolvere molti dei problemi del pianeta. Secondo la direttrice di Oxfam internazionale, Gabriela Bucher, la crescita della divario tra ricchi e poveri “non è inevitabile, ma dipende dalle scelte politiche dei governi”. Tra le proposte quella di “una tassa temporanea sugli extra-profitti maturati da 32 multinazionali che durante la pandemia avrebbe generato 104 miliardi di dollari nel 2020, un ammontare di risorse equivalente a quello necessario per garantire indennità di disoccupazione a tutti i lavoratori e supporto finanziario per bambini e anziani in tutti i paesi a basso e medio reddito”.
“Il coronavirus ha unito i paesi nella paura ma lo ha diviso nella risposta”,ha detto Gabriela Bucher. “La pandemia ha scatenato un lodevole sforzo globale che ha raggiunto più di un miliardo di persone in più con sostegno alla protezione sociale nel corso del 2020, ma ad oggi più persone sono state lasciate completamente indietro”.
Un divario tra ricchi e poveri che non lascia fuori neanche l’Italia dove il 5% più ricco della popolazione possiede quanto il 90% più povero. Oggi nel Bel Paese una persona su quattro è a rischio povertà, e sono oltre 5 milioni (tra i quali molti minori) quelle che vivono in povertà assoluta. Vale a dire che non hanno cibo a sufficienza, riscaldamento e abiti adeguati, mezzi per curarsi, informarsi, istruirsi. Per loro parlare di resilienza è utopistico.
Forse è giunto il momento per ripensare a concetti come sviluppo e sostenibilità. Anche se nessuno dei personaggi televisivi lo ha detto, una delle accezioni della parola resilienza, in campo economico, è quella introdotta da Serge Latouche, economista e filosofo francese, padre della decrescita felice.
In un momento di crisi globale come quello attuale, è giunta l’ora di pensare ad una possibile risposta sostenibile e alternativa diversa dall’attuale sistema consumistico e pensare ad un mondo che possa essere più “resiliente”. Anche a crisi come la pandemia in atto.