Romania. Vince l’astensionismo, salta il referendum contro le coppie gay

di Matteo Zanellato

BUCAREST. “È d’accordo con la legge di revisione costituzionale rumena nella forma adottata dal parlamento?”. A questo quesito sono stati chiamati a rispondere più di 18 milioni di rumeni tra sabato 6 e domenica 7 ottobre. La modifica costituzionale in questione si riferiva all’articolo 48, comma 1, che doveva cambiare dalla voce “la famiglia è fondata sul matrimonio tra coniugi” a “la famiglia è fondata sul matrimonio tra uomo e donna”. Alle 21 di ieri sera solo il 20% della popolazione era andata a votare ma siccome il quorum era al 30%, il referendum non è passato.
La legge in questione, passata in parlamento con la sola USR (Unione per Salvare la Romania) contraria, era stata promossa dalla Chiesa ortodossa e dalla CFP – Coaliția Pentru Familie (Coalizione per la Famiglia), una federazione di quaranta associazioni ortodosse e conservatrici che avevano raccolto tre milioni di firme nel 2016 per promuovere il cambiamento costituzionale. ALDE (i liberali che aderiscono all’omonimo gruppo europeo) e UMDR (il partito degli ungheresi rumeni), seconda e terza gamba del governo PSD (Partito Social Democratico), avevano dichiarato che ognuno avrebbe votato secondo coscienza, mentre PNL (Partito Nazional Liberale, attualmente vicino al PPE) e PSD, maggiori partiti di maggioranza e opposizione, avevano dichiarato di sostenere la riforma costituzionale. Da questa breve carrellata possiamo vedere che, almeno pubblicamente, il parlamento era quasi interamente schierato con la CPF e la Chiesa ortodossa, eccezione fatta per l’USR che è legata all’opposizione di piazza Victoriei (composta da USR, DEMOS e Movimento Romania Insieme).
Ai fini della comprensione del voto finale è importante sottolineare l’attivismo del presidente del PSD Liviu Dragnea, che per mettere in secondo piano la sua leadership debole aveva puntato sulla vittoria del “Sì” al referendum. La campagna elettorale è stata condotta in due direzioni: da una parte i sostenitori del “Sì” si sono appoggiati all’intervento diretto della Chiesa ortodossa e dei fedelissimi di Liviu Dragnea. Dall’altra parte i contrari al provvedimento, che hanno fatto campagna per l’astensionismo attivo, il cosiddetto boicottaggio del referendum, in modo da impedire il raggiungimento del quorum.
Sul piano politico le opposizioni legate ai movimenti di piazza Vittoria possono considerare il voto del weekend come una vittoria. La stessa cosa non si può dire per la maggioranza di governo e per i promotori del referendum. La CPF ha accusato i partiti di governo di averli traditi anche se, come sostiene Mihai Gheorghiu, presidente della CPF, tutti i membri di questa ONG dovrebbero interrogarsi sui motivi che hanno portato alla sconfitta. Per quanto riguarda i partiti di governo invece una delle principali emittenti televisive all-news (Digi 24) ha sottolineato come nei Județi (le nostre province, NDR) in cui i leader locali del PSD erano contro Liviu Dragnea, le percentuali di voto siano state inferiori alla media nazionale, emblematico in questa direzione è stato il caso di Bucarest, ascrivendo il risultato del weekend ad una faida interna al principale partito rumeno.
Sul piano dei diritti la sconfitta della CPF non cambia la situazione delle coppie omosessuali, in quanto il matrimonio tra persone dello stesso sesso resta vietato dal codice civile (l’art. 271 c.c. recita che “il matrimonio si svolge tra uomo e donna attraverso il consenso personale e libero di questi due”) e la strada per il riconoscimento del “partenariatul civil” (partenariato civile) è ancora lontana.
In conclusione, non sono da sottovalutare le conseguenze che questo referendum avrà sulla sfera pubblica rumena, già lacerata dalla guerra di posizone avanzata dal partito di governo ai manifestanti di piazza Victoriei e al conflitto tra istituzioni, specialmente quelle anti corruzione, che hanno contribuito a incrementare. Nonostante la premier Viorica Dăncilă avesse sostenuto che il referndum non fosse contro la comunità LGBT ma a favore di un modello cristiano, le comunità LGBT hanno dichiarato un aumento di episodi di omofobia.