Russia. Chi aveva interesse ad avvelenare Navalny?

di Dario Rivolta

Di fronte a un qualunque delitto, dei veri investigatori cercherebbero immediatamente di capire chi ne sia stato il vero (o i veri) responsabile. Per farlo dovrebbero restringere il numero dei possibili colpevoli a chi era fisicamente in condizione di commetterlo e a chi ne ha tratto o ne trarrà beneficio.
I ministri degli Esteri dei 27 Paesi dell’Unione Europea non sono certo dei poliziotti e non risulta che abbiano provveduto a svolgere adeguate ricerche investigative. Eppure il 12 ottobre hanno dichiarato che chi ha tentato di uccidere Alexei Navalny va individuato nei servizi segreti della Russia. Come conseguenza, hanno imposto sanzioni contro sette persone e un Istituto di ricerca russo ritenuti coinvolti nel misfatto.
Diamo per scontato che quanto accaduto al noto dissidente sia stato veramente un tentativo di avvelenamento tramite un derivato del Novichok (seppur qualche dubbio resta: chi lavora nei servizi segreti sa che qualunque prova può essere costruita in modo da risultare “vera”) e proviamo noi a fare quel che i ministri europei non hanno saputo o voluto fare.
Innanzitutto, chi poteva compiere l’atto di avvelenamento?
Ciò che sappiamo di quel prodotto è che si tratta di un composto chimico neurotossico elaborato dall’Unione Sovietica ai tempi della Guerra fredda. Dopo il suo disfacimento, la formula della composizione era divenuta pubblica e molti Paesi, anche occidentali, ne erano entrati in possesso. Sembrerebbe che la sua produzione non sia più continuata in Russia ma possa esserlo stata altrove. Si parla ad esempio dell’Ucraina. Il possibile “strumento” era quindi potenzialmente nelle mani di chiunque e non solo di soggetti russi. Navalny ha cominciato a manifestare un forte malessere mentre volava da Tomsk a Mosca e l’aereo ha compiuto un atterraggio non previsto per poterlo ricoverare nell’ospedale di Omsk. Nessuno ha potuto affermare con esattezza quando, se di avvelenamento si è trattato, il fatto sia successo: se prima dell’imbarco o sull’aereo stesso. Nel primo caso il possibile assassino potrebbe essersi trovato tra le decine di persone che lui aveva incontrato in città; nel secondo, chiunque si trovasse nell’aeromobile in quel viaggio. Non risulta che qualcuno abbia fatto una lista delle persone che possono averlo incontrato, né lo hanno fatto i russi (che tuttavia avranno di certo la lista dei passeggeri e dell’equipaggio), né gli amici di Navalny che stavano con lui e che lo hanno sempre accompagnato negli incontri avuti con suoi sodali politici a Tomsk. L’assassino potrebbe dunque essere chiunque (russo, ucraino, altro) e per ora resta sconosciuto. Di certo, se si fosse trattato di un membro dei servizi segreti russi, si sarebbe dimostrato un incapace per non riuscire a portare a termine un compito che un qualunque agente segreto alle prime armi non avrebbe mancato di adempiere fino in fondo. Un’altra certezza è che i medici dell’ospedale di Omsk non possono essere considerati complici poiché Navalny è arrivato da loro dichiarato in fin di vita e loro lo hanno salvato, mettendolo perfino in condizioni di potere essere trasportato in Germania con un volo speciale autorizzato dallo stesso Putin.
Vediamo ora chi potrebbe avere interesse all’avvelenamento del giovane avvocato.
Cominciamo proprio dalla Russia.
Navalny è notoriamente un oppositore dell’attuale inquilino del Cremlino. Rappresenta per lui un pericolo politico? Difficile supporlo. Nonostante raccolga un certo numero di simpatizzanti tra le classi medie di alcune grandi città, nel resto della Russia la sua popolarità è quasi insignificante, anche a causa del boicottaggio verso di lui attuato da tutti i grandi media del Paese. Inoltre, pur avendo manifestato il desiderio di candidarsi alla presidenza della Repubblica nelle elezioni del 2018, la cosa non gli è stata resa possibile perché escluso a causa di precedenti penali (veri o costruiti ad arte) che lo rendevano incandidabile. Tuttavia se anche si fosse candidato le sue chance sarebbero restate minime. Ciò non toglie che se avesse raccolto una buona percentuale sarebbe diventato una spina nel fianco per l’attuale classe dirigente. È sufficiente per decidere di toglierlo di mezzo ora? E perché proprio adesso?
Se supponiamo che al Cremlino ci siano personaggi politicamente sprovveduti non possiamo escludere nulla, ma ipotizzare che lo staff di Putin sia composto da politici incapaci va contro l’evidenza di tutti i risultati che quella squadra, a cominciare dal ministro degli Esteri Lavrov, ha saputo raccogliere dagli anni in cui è al potere. Sia politicamente che economicamente, il fatto più rilevante che unisce oggi la Russia al mondo occidentale è la realizzazione del gasdotto North Stream II. La sua realizzazione è quasi completata (mancano gli ultimi 150 km di tubazioni sul totale di 1222 km) anche se negli ultimi mesi le pressioni americane e polacche contro la sua realizzazione sono aumentate. La Germania e tutte le società coinvolte nel progetto (più di cento) hanno subito la minaccia di “sanzioni secondarie” dagli Stati Uniti se l’opera fosse portata a termine. Ciò nonostante Berlino aveva dichiarato di voler continuare nell’operazione e, per cercare di blandire gli americani, si era anche impegnata ad acquistare gas liquido americano in aggiunta a quello russo in arrivo da quel gasdotto. Come pensare che a Mosca siano così imbecilli da non immaginare che l’avvelenamento di un oppositore politico non avrebbe offerto il destro a chi è anti-russo per fobia (o per interesse) per giocare altre carte e premere così sulla Cancelliera Merkel affinché abbandonasse il North Stream II al suo destino? Come possiamo immaginare che Putin sia tanto superficiale da correre il rischio di buttare a mare, proprio mentre stava per concludersi, la possibilità di raddoppiare la fornitura di gas alla Germania rafforzando così le proprie relazioni economiche con il più potente degli Stati Europei?
Ripetiamolo: tutto è possibile, ma per vedere un interesse russo nell’avvelenamento attuale di Navalny bisogna proprio sforzarsi e andare di là di ogni logica e del buon senso.
A differenza dei nostri ministri degli Esteri, non ce la sentiamo di accusare qualcuno senza elementi concreti ma, se continuiamo a cercare “a chi giova”, è difficile non notare che i soggetti interessati ad appesantire, ancor più di ora, i rapporti con la Russia ci sono, e sono più di uno.
Ad esempio: la Polonia. Da tempo chiede a Bruxelles, poco ascoltata, di rendere più pesanti le sanzioni europee contro la Russia e continua a ventilare un’improbabile volontà di aggressione di Mosca a suoi danni. Si tratta di un’ipotesi inverosimile, come evidente ad ogni analista di politica internazionale, ma è utile per continuare ad essere l’interlocutore privilegiato degli Stati Uniti nel nostro continente e per diffidare Bruxelles dall’agire economicamente contro di lei a causa delle sue leggi interne liberticide.
Oppure: anche gli USA. Almeno dai primi decenni del secolo scorso a Washington e a Londra si è identificato in un avvicinamento tra la Germania e la Russia il pericolo maggiore per l’egemonia mondiale anglo-sassone. Se ciò era comprensibile e condivisibile ai tempi della guerra fredda in cui si scontravano due opposte visioni del mondo e la volontà imperiale dell’Unione Sovietica era evidente (e, soprattutto, possibile), oggi, anche se l’attuale Russia lo volesse (ne dubitiamo) non sarebbe in condizioni di farlo (pensiamo alla Cina piuttosto!). Comunque sia, è sotto gli occhi di tutti che un sentimento anti-russo a priori risiede ancora nelle menti di molti americani. A ciò si deve aggiungere che la sovrapproduzione di fracking gas ottenuta negli Stati Uniti ha bisogno di sbocchi mondiali e l’Europa continua ad essere tra i più grandi consumatori di questo tipo di energia. La domanda è in espansione soprattutto in Germania ove si è deciso di chiudere tutte le centrali nucleari. Possiamo arguire che riuscire a mettere in difficoltà le forniture di gas russo verso l’Europa favorisca implicitamente il gas americano?
Infine, anche se la lista potrebbe continuare (vedi Turchia e Turkstream) non possiamo dimenticare l’Ucraina. Chi perderebbe di più dal raddoppio dei volumi di gas che arrivano dalla Russia verso l’Europa senza che passino negli altri gasdotti già esistenti? È lapalissiano: proprio l’Ucraina. Oggi il gas che arriva anche in Italia via Austria passa proprio dalle condutture di quel Paese che, grazie a questo transito, ottiene ricche prebende e assume un peso politico che gli consente di ricattare contemporaneamente sia l’Europa sia la stessa Russia. La messa in opera del Gasdotto russo-tedesco consentirebbe la possibilità che, per ogni evenienza negativa, la fornitura via Ucraina possa essere totalmente interrotta senza che questo causi problemi per i consumatori europei. Non è motivo sufficiente per giocare il tutto per tutto pur impedire che il North Stream sia completato ed entri in funzione?
Ecco quindi le nostre conclusioni: in tanti avevano accesso al Novichok ed erano in condizione di farne uso e più di uno erano, e sono, coloro che traggono vantaggio da un avvelenamento avvenuto in territorio russo contro un oppositore dell’attuale regime. I dati su citati ci fanno dubitare che proprio da Mosca sia partito l’ordine di commettere questo delitto, tra l’altro non riuscito e, forse, volutamente. Prendendo la decisione di lanciare nuove sanzioni contro la Russia, i nostri ministri degli Esteri hanno compiuto un’operazione prettamente politica e per nulla indagatrice. Piacerà certamente oltre oceano e comprendiamo così anche perché la Germania se ne sia fatta capofila assieme ai francesi (devono scongiurare sanzioni dirette o indirette contro di loro su questioni doganali) ma non piacerà per nulla a tutte le imprese italiane e di altri Paesi europei che dai buoni rapporti con Mosca si aspettavano, e si aspettano, la possibilità di approfittare di una enorme mercato pieno di domanda per i loro prodotti.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.