Russia. Petrolio: boom di entrate nonostante le sanzioni occidentali

di Giuseppe Gagliano

A gennaio 2025 le esportazioni petrolifere russe hanno generato 15,8 miliardi di dollari, segnando un incremento di 900 milioni rispetto a dicembre. Un dato sorprendente, considerando che il 10 gennaio Washington ha varato nuove sanzioni finalizzate a colpire il commercio energetico di Mosca. Secondo il rapporto mensile dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), il rialzo è dovuto a due fattori chiave:

– Prezzi del greggio in crescita, che hanno compensato le restrizioni commerciali;

– Volumi di esportazione stabili, con Mosca che ha aggirato le sanzioni mantenendo un flusso costante di vendite.

– Produzione oltre i limiti OPEC+: Mosca accelera

La produzione russa è salita a 9,2 milioni di barili al giorno, superando la quota concordata con l’OPEC+ (8,98 milioni). Le esportazioni si sono attestate su 7,4 milioni di barili al giorno, con un aumento di 100mila barili per il greggio e una leggera riduzione delle esportazioni di prodotti petroliferi.
Le nuove sanzioni Usa hanno destabilizzato la logistica del petrolio russo, colpendo direttamente le navi utilizzate per trasportare il greggio ESPO al porto di Kozmino alla Cina. Tuttavia il mercato ha assorbito il colpo: le vendite sono proseguite senza intoppi, sebbene con costi di trasporto più elevati.
Le restrizioni americane hanno aumentato del 20% il costo di spedizione del greggio Urals dal Mar Baltico all’India, arrivando a 7-8 milioni di dollari per viaggio. Di fronte alle difficoltà logistiche, raffinerie indiane e cinesi stanno esplorando nuove rotte di approvvigionamento, rivolgendosi a fornitori mediorientali, africani e brasiliani.
Ma la strategia di Mosca è chiara: spostare il focus sulle raffinerie interne, lavorando il greggio direttamente in Russia per esportare più carburante raffinato. In questo modo aggira le sanzioni su petrolio greggio, rendendo più complesso il tracciamento delle vendite da parte dell’occidente.
Il 12 febbraio i prezzi del petrolio sono calati dell’1% dopo la notizia di un possibile negoziato di pace tra Trump e Putin. Secondo analisti di mercato, un cessate-il-fuoco potrebbe far crollare i prezzi del greggio, se Trump decidesse di allentare le sanzioni energetiche sulla Russia, e rivoluzionare il mercato petrolifero globale, riducendo l’incertezza sugli approvvigionamenti.
Nel frattempo l’OPEC+ conferma un aumento della domanda, guidato soprattutto dall’Asia. Tuttavia l’incognita principale riguarda la Cina: la sua crescita economica rallenta, sollevando dubbi sulla sostenibilità della domanda petrolifera nel lungo termine.
Le raffinerie indiane, principali clienti del greggio russo, stanno rivedendo le proprie strategie commerciali. Trader, armatori e assicuratori stanno riorganizzando i flussi di approvvigionamento, cercando soluzioni per continuare ad acquistare petrolio russo senza incorrere in sanzioni.
L’obiettivo è chiaro: mantenere il petrolio russo nel mix energetico asiatico, ma con modalità più sicure e meno esposte alle pressioni di Washington. Bloomberg riporta che diversi trader stanno già adottando strutture finanziarie più opache per aggirare le restrizioni imposte dagli Usa.
Le sanzioni non hanno ancora intaccato il flusso di entrate petrolifere della Russia. L’occidente si trova davanti a una duplice verità: i tentativi di strangolare economicamente Mosca non hanno funzionato e il mercato globale continua a dipendere dal petrolio russo, con India e Cina in prima linea.
Con Trump pronto a rivedere le politiche energetiche statunitensi e Putin determinato a mantenere la propria influenza sui mercati globali, il 2025 potrebbe segnare un nuovo capitolo nella guerra del petrolio. La domanda chiave resta: quanto a lungo l’occidente potrà permettersi di isolare Mosca senza danneggiare il proprio stesso mercato?