Russia. Una spia ucraina sarebbe l’omicida di Darya Dugina, ma restano aperti molti quesiti

di Guido Keller

L’intelligence russa, l’Fsb, ha ricostruito velocemente la dinamica che ha portato alla morte di Darya Dugina, uccisa da un potente ordigno esplosivo mentre era nell’auto del padre, l’ideologo e consigliere di Vladimir Putin Alerksandr Dugin. Questi all’ultimo momento aveva scelto di salire su un secondo mezzo, fatto che gli aveva salvato la vita. I due stavano lasciando la tenuta di Zakharovo, dove Dugin aveva tenuto un incontro sulle tradizioni russe.
La versione dei servizi segreti di Mosca, che continuano ad accusare quelli ucraini, vede il coinvolgimento di una spia, l’ucraina Natalia Pavlovna Vovk, la quale sarebbe tranquillamente arrivata in Russia a bordo di una Mini Cooper già un mese fa con la figlia 12enne, e dopo il fatto avrebbe lasciato il paese per rifugiarsi in Estonia.
I servizi russi hanno mostrato i video dei posti di frontiera ed hanno spiegato che Natalia Pavlovna Vovk ha cambiato tre volte targa all’auto, da Repubblica popolare di Donetsk a kazake, e che avrebbe preso in affitto un appartamento vicino all’abitazione moscovita della Dugina per studiarne i movimenti.
L’ordigno, composto da quasi mezzo chilo di tritolo, era piazzato nel sedile del suv del conducente, e la detonazione sarebbe stata azionata a distanza con un cellulare.
Un gruppo di hacker russi ha diffuso un tesserino della Vovk che la indicherebbe come appartenente ai servizi di intelligence del Battaglione Azov, impiegato da Kiev nel Donbass contro i filorussi, mentre l’Fsb continua a ritenerla come arruolata dagli ucraini.
Il presidente russo Vladimir Putin ha mandato un messaggio alla famiglia Dugin in cui ha parlato di “crimine vile e crudele”, mentre Aleksandr Dugin ha imputato “l’attacco terroristico” al “regime nazista ucraino”.
Sono tuttavia molti i questi che restano aperti, a cominciare da chi avrebbe avuto da guadagnare dall’uccisione dei Dugin. Tanto per dire la stampa russa ha riportato che le telecamere di sorveglianza della casa della vittima erano disattivate da alcune settimane a causa di un guasto non ancora riparato, nonostante i due fossero personalità a rischio, come pure ci si chiede come abbia fatto una spia ucraina passare i vari controlli, come dimostrano le telecamere, cambiare tre volte le targhe al veicolo e vivere indisturbata per un mese a Mosca. E poi a lasciare il paese dopo l’omicidio, ad allarme aperto, percorrendo quasi mille chilometri.
Per le autorità l’obiettivo era quello di destabilizzare la leadership di Vladimir Putin, ma difficilmente il presidente russo verrà scalfito dalla vicenda.
Il consigliere del presidente ucraino Mykhailo Podolyak da subito ha affermato che “non siamo uno stato criminale, ne’ uno stato terrorista, ed anche oggi ha respinto ogni accusa.
Quel che è certo è che i servizi russi, considerati tra i migliori del mondo, hanno dimostrato un pressapochismo e un’inefficienza che già di per sé pongono molti interrogativi.