Salvini si sbaglia sulla Russia e l’Ucraina: ecco perché

di Rostyslav Averchuk * –

L’Unione Europea ha recentemente prorogato per altri sei mesi le sanzioni alla Russia. Il governo italiano ha votato a favore. Rimane preoccupante perà il fatto che uno dei leader politici italiani, Matteo Salvini, consideri legittimo il “referendum” in Crimea, che abbia dichiarato “falsa” la rivoluzione ucraina del 2013-2014 e che sostenga l’abolizione delle sanzioni alla Russia.
Tali dichiarazioni dimostrano una conoscenza molto limitata dei fatti, se non una manipolazione calcolata, e sottolineano l’importanza di una discussione continua e profonda degli avvenimenti in Ucraina. Il seguente testo mostra perché le opinioni di Salvini sono erronee.

La Crimea: il “referendum” legittimo?
Un osservatore imparziale può nutrire alcuni dubbi: dopotutto, non c’è stato uno plebiscito prima dell’annessione? Secondo le fonti ufficiali russe, il 96.77% degli elettori ha votato per l’unificazione con la Russia. Questi numeri assomigliano piuttosto ai dati del sostegno nei regimi autocratici come quelli in Tagikistan o in Kazakistan che ai risultati di una consultazione democratica su una questione di tale importanza. Comunque, è possibile immaginare che si possa organizzare un plebiscito obiettivo se la regione dove si svolge viene prima occupata dall’esercito dello Stato del quale si chiede l’adesione?
Anche se inizialmente la Russia si rifiutava di riconoscere che in Crimea avevano agito i suoi militari ben equipaggiati e senza segni di riconoscimento, e non le presunte “milizie locali” come voleva invece far credere, successivamente fu lo stesso Vladimir Putin ad ammetterlo. Questo vuol dire che effettivamente l’annessione si è verificata ancora prima del plebiscito stesso.
Pur tralasciando il fatto della presenza dei militari russi, i problemi legati al plebiscito sono stati molteplici. Come scrive il politologo Andreas Umland, “la data del referendum è stata cambiata due volte e non ci sono stati né tempo né opportunità per i cittadini della Crimea di discutere pubblicamente e liberamente le scelte che sarebbero state date a loro durante il cosiddetto plebiscito”. Per preparare una consultazione così importante sono state impiegate solo due settimane. Inoltre, continua Umland, “al ballottaggio non è stata data alcuna opzione per la conservazione dello status quo. Gli elettori hanno avuto l’opportunità di votare o per la “riunificazione” con la Russia o per la reintroduzione di una precedente e non più valida Carta costituzionale della Crimea del 1992. Entrambe le scelte erano ambigue nella loro formulazione e nel contenuto”.
Un altro fatto importante è che fino al 2014 la leadership della Russia non aveva mai messo in discussione ufficialmente la sovranità dell’Ucraina sulla Crimea. Lo stesso Vladimir Putin, insieme con il parlamento russo, convalidò il Trattato sul Confine di Stato russo-ucraino del 2003 che confermava l’appartenenza della Crimea allo stato ucraino.
Esistevano davvero motivi validi per preoccuparsi del destino degli abitanti della Crimea a causa delle proteste politiche del 2013-2014? Solo se si crede alla propaganda russa che descriveva i manifestanti come nazionalisti violenti e russofobi. Il fatto è che in Ucraina i nazionalisti non hanno mai preso il potere. Durante le elezioni presidenziali del 2014 i due candidati nazionalisti hanno ottenuto insieme meno del 2% dei voti.
Tuttavia, in uno degli ultimi sondaggi attendibili, pochi giorni prima che la Crimea fosse occupata il 41% (una percentuale significativa ma ancora ben lontana dal 96,77%) degli intervistati sosteneva l’unificazione di Russia e Ucraina in un unico Stato. Ironicamente questi numeri parzialmente riflettevano la repulsione contro il regime di Viktor Yanukovych. Lo stesso regime contro il quale protestavano i manifestanti a Kyiv.

Le proteste politiche in Ucraina: una pseudo-rivoluzione?
Il paragone della rivoluzione ucraina del 2013-2014 con l’annessione della Crimea non è corretto, perché nonostante qualsiasi influenza di altri Stati, tra cui la Russia, i protagonisti e le loro motivazioni erano ben radicati nell’attualità politica ucraina. Le ragioni delle proteste, terminate con le dimissioni del governo corrotto filo-russo, sono ben note e chiare. Diversi strati della società si sono mobilitati in risposta ad un brutale pestaggio dei manifestanti filo-europei da parte della polizia. Le proteste sono state intensificate da un diffuso senso di ingiustizia causato dalla rapida monopolizzazione dell’influenza economica e politica da parte del presidente e del suo entourage.
A Kyiv, a differenza della Crimea, non c’era nessuna forza militare straniera. I massacri senza precedenti, quando nel corso di tre giorni furono uccisi circa un centinaio di manifestanti, portarono alla perdita di sostegno al presidente di una parte dei politici finora filo-governativi. In mezzo alle violenze da parte del governo il presidente scappò in Russia e fu rimosso dal suo incarico attraverso le votazioni parlamentari.
Senz’altro, gli interessi delle potenze straniere erano presenti in Ucraina, vista la sua posizione strategica. Tuttavia, i negoziati con l’Ue riguardavano l’Accordo di associazione, che non conteneva nemmeno un accenno all’eventuale adesione all’Ue. Inoltre, durante le proteste i rappresentanti dei Paesi occidentali fino all’ultimo speravano in un compromesso con le autorità allora in carica e invitavano a tale atteggiamento i leader dell’opposizione.
Per quanto riguarda il presunto finanziamento della rivoluzione da parte dell’occidente, è impossibile costringere a far scendere in piazza centinaia di migliaia o milioni di persone. Ridurre tutto ai giochi dietro le quinte significa voler semplificare una realtà complessa e voler negare ai 44 milioni di ucraini la capacità di determinare il loro futuro.

Crimea: una delle “zone storicamente russe, con la culture e tradizioni russe, che legittimamente appartengono alla Russia”?
La domanda principale è: qual è il criterio dell’appartenenza di un territorio alla Russia?
Davvero possiamo considerare la Crimea, con la sua grande popolazione ucraina etnica e quella tatara, come una zona storicamente russa? Specie se ricordiamo che ancora nel 1939, prima della deportazione dei tatari da parte del regime staliniano, i russi formavano meno del 50% della popolazione della regione.
In quanto alla lingua russa, nelle file dell’esercito ucraino, anche come volontari, combattono numerosi ucraini russofoni. In quanto alle relazioni con la Russia, la Crimea è sempre stata connessa con l’Ucraina geograficamente e dipendeva dall’Ucraina per quanto riguardava l’approvvigionamento dell’acqua, cibo, energia elettrica ecc. Anche formalmente la Crimea non ha mai fatto parte di una “Russia” che fosse politicamente separata dal territorio continentale dello stato ucraino.
Sembra che nel caso della Crimea l’unico criterio sia stato la decisione del governo russo di ritenere la penisola parte legittima della Russia. Dunque la “legittimità” dell’appartenenza alla Russia si risolve con il diritto del più forte.

Le sanzioni contro la Russia: inefficienti e non necessarie?
L’annessione della Crimea alla Russia rappresenta il primo caso di conglobamento violento del territorio di uno Stato da parte di un altro Stato nell’Europa del Dopoguerra. L’aggressione successiva nell’Ucraina orientale ha finora portato alla morte più di 10.500 ucraini e russi. 298 cittadini dell’Ue e di altre nazioni hanno perso la loro vita nel 2014 nella catastrofe del volo MH17 abbattuto da un missile russo. Non meritano queste azioni almeno alcuna reazione da parte della comunità internazionale?
Le sanzioni fanno capire alla Russia che altri Stati, nonostante tutte le divergenze, sono capaci di agire insieme quando i principi fondamentali dell’ordine internazionale vengono minacciati. In questo modo costringono Putin ad agire in un modo più discreto e più lento, frenando la sua voglia di iniziare un attacco ancora più evidente.
Non precludono il dialogo con la Russia. Va osservato che le sanzioni europee contro la Russia non sono particolarmente severe. Sono rivolte contro una lista concreta di persone e aziende molto vicine al regime di Putin e non proibiscono l’esportazione dei prodotti italiani verso la Russia. E’ stata la risposta asimmetrica di Putin di proibirla.

Conclusioni.
Le azioni della Russia in Crimea non possono ritenersi accettabili. Il suo governo ha ignorato e continua ad ignorare la sovranità di un paese indipendente e ha usato l’esercito senza alcun motivo giustificabile. Ci sono tante altre regioni nel mondo con una composizione etnica eterogenea e con un passato complicato. Non è difficile immaginare quale caos e violenza potrebbero portare tentativi di risolvere dispute applicando il diritto del più forte. Nonostante tutte le divergenze, è importante che i Paesi europei facciano fronte comune a tali azioni.

Guerra del Donbass. Cimitero di Savyansk. (Foto: Massimiliano Lettieri).

* Vox Ukraine. L’autore ringrazia Elena Nazarenko e Chiara Vialmin per l’aiuto nella traduzione e correzione del articolo.