di Guido Keller –
Importante scambio di prigionieri tra la Russia e la Bielorussia da una parte, e gli Usa e altre nazioni occidentali dall’altra, potenze che da sempre mantengono un buon numero di spie nel paese avversario. Ovviamente quelli in carcere in Russia erano “detenuti politici russi ingiustamente incarcerati per aver lottato per la verità e occidentali e russi con doppia cittadinanza diventati loro malgrado pedine politiche”, come ha riportato la stampa di massa occidentale e in questo virgolettato Repubblica, mentre dall’altra erano criminali della peggiore specie.
Lo scambio, che ha interessato ben 24 persone, è avvenuto presso l’aeroporto Esenboga di Ankara.
Tra le persone rimpatriate dalla Russia negli Usa vi è l’ex marine Paul Whelan incarcerato nel 2018, nato in Canada e oggi 54enne: l’uomo, che possiede ben quattro cittadinanze (statunitense, irlandese, canadese e britannica) era stato condannato a 16 anni di carcere per spionaggio, segno che non si trovava a Mosca per aver “lottato per la verità”. E’ tornato in patria anche il paramedico tedesco Rico Krieger, condannato a morte e poi graziato in Bielorussia per spionaggio e terrorismo: lo scorso 19 luglio aveva ammesso pubblicamente di aver fotografato istallazioni militari per conto dei servizi segreti ucraini.
Liberato il 32enne Evan Gershkovich, giornalista del Wall Street Journal accreditato presso il ministero degli Esteri russo: anche lui era stato condannato a 16 anni per spionaggio.
Anche la giornalista di Rfe/Rl Alsu Kurmasheva era stata condannata per spionaggio e per “diffusione di notizie false sulle forze armate”, mentre per le organizzazioni occidentali verso di lei era stata messa in piedi una vera e propria persecuzione per l’opposizione politica alla guerra in Ucraina, e per aver preso parte al libro “No alla guerra: 40 storie di russi che si oppongono all’invasione dell’Ucraina”, pubblicato da Radio Free Europe / Radio Liberty.
Rilasciati anche diversi oppositori politici, perlopiù accusati di aver screditato le forze armate. Il giornalista Vladimir Kara-Murza, russo di nascita ma con passaporto britannico e green card statunitense, è quello he si avvicina di più al concetto di perseguitato politico: è stato arrestato in Russia per “screditamento delle forze armate”.
Tornano in Germania il giovane (18 anni) Kevin Lick, difficilmente una spia ma sorpreso a fotografare istallazioni e personale militare presso la guarnigione di Maikop in Russia, Dieter Voronin, condannato a 13 anni e 3 mesi per aver messo in contatto l’oppositore politico Ivan Safronov con i servizi occidentali, Herman Moyzhe, accusato recentemente di aver facilitato l’ottenimento dei permessi per entrare in Ue di oppositori russi, Patrick Schoebel, accusato di traffico di droga.
La Germania ha rilasciato il 59enne Vadim Nikolaevich Krasikov, condannato in quanto sicario dei servizi russi per aver assassinato nel 2019 a Berlino il comandante ceceno e poi georgiano Zelimkhan Khangoshvili, classificato da Mosca come spia e terrorista (per la stampa occidentale un semplice “dissidente politico”). La Slovena ha liberato due spie russe ritenute “dormienti”, i coniugi Artjom e Anna Dultsev.
Consegnati ai russi Pavel Rubtsov, una spia russa che viveva in Polonia con documenti spagnoli; Mikhail Valerijevicj Mikusjin, altra spia russa che viveva in Norvegia dove si era spacciato per scienziato brasiliano; Roman Valerevich Seleznev, condannato negli Usa per truffa con carte di credito; Vladislav Klyushin, uomo d’affari condannato negli Usa per aver fatto soldi attraverso la vendita di informazioni ottenute attraverso lo spionaggio aziendale; Vadim Konoshchenok, accusato negli Usa di cospirazione per aver riciclato denaro per conto del governo russo.
Ad architettare la mediazione è stato Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale e più stretto collaboratore del presidente Usa Joe Biden. Sullivan e in modo diretto la Casa Bianca avevano fatto pressioni sul governo tedesco per il rilascio del colonnello Vadim Krasikov, un passaggio definito “difficile” dal cancelliere Olaf Scholz per via della condanna all’ergastolo per l’omicidio di Khangoshvili. Dal Cremlino si trattava di una condicio sine qua non: senza Krasikov non vi sarebbe stato lo scambio di prigionieri.