Senegal. Sonko e la marcia su Dakar: euforia e paura in città

di Francesco Giappichini

“Vi do appuntamento a Dakar, o Macky Sall si tira indietro, o lo affronteremo per farla finita. Il combattimento finale, dove si svolgerà? Accadrà a Dakar. Se siete 2000, fate in modo che 1500 si riuniscano a Dakar per continuare la lotta”. Sono le parole pronunciate da Ousmane Sonko, il leader dell’opposizione senegalese, dopo che l’accusa ha chiesto nei suoi confronti una condanna a 10 anni di reclusione. Questi ha annunciato la marcia verso la capitale Dakar, insieme ai seguaci del Paese intero, per il 1 giugno. Dopo cioè che sarà pronunciata la sentenza per stupro e minaccia nei confronti della 23enne Adji Sarr: ossia la dipendente della sala massaggi Sweet beauté, anch’essa ormai trasformatasi in una celebrità.
Quella che i fedelissimi di Sonko chiamano la “carovana della libertà”, dovrebbe partire da Ziguinchor, ove il leader progressista esercita la carica di sindaco. La cittadina è capoluogo della regione meridionale Casamance, nota anche per la decennale guerriglia, e gli scontri tra governo e i ribelli del Mouvement des force democratiques de la Casamance. Andiamo però con ordine. Nel Senegal guidato dal presidente moderato Macky Sall, alleato della Francia, da qualche anno (gli osservatori indicano le presidenziali ’19) ha iniziato a coagularsi una forte opposizione panafricana, populista e di sinistra. Un fronte progressista che converge sul mouvement personnaliste Patriotes africains du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité (Pastef), e sul suo presidente Sonko: l’ex deputato all’Assemblea nazionale, giunto terzo nel voto presidenziale del ’19.
Ebbene quest’opposizione, capace di attrarre l’elettorato più giovane, è convinta che i guai giudiziari di Sonko siano una macchinazione del Governo di Dakar per impedire al sindaco progressista di candidarsi alle presidenziali del 25 febbraio ’24. Timori dell’opposizione che paiono avvalorati da svariati indizi: dalla condanna per diffamazione e ingiuria a carico dello stesso Sonko (per aver dato del corrotto al ministro del Turismo, Mame Mbaye Niang), alla volontà del presidente di candidarsi a un terzo mandato. Sall non ha ancora annunciato la ricandidatura, ma ha lasciato chiaro che il divieto per il terzo mandato non lo riguarda: la Costituzione è stata riformata nel ’16, e non può avere effetto retroattivo, mentre il suo primo mandato è iniziato nel ’12.
Lo scenario politico di Dakar è surreale, e vede intrecciarsi un procedimento dai dettagli a luci rosse, con i timori per l’ordine pubblico; che riguardano non solo il Senegal, ma anche i Paesi europei, quali possibili destinatari di eventuali ondate migratorie. Da un lato va in scena un processo spettacolo, ove sono descritti i vari tipi di massaggio sensuale, e si cerca di dimostrare come la vittima sia manovrata dai seguaci del presidente: secondo Sonko, la vittima è una “ragazza manipolata, cui era stato promesso un passaporto diplomatico e l’esilio all’estero, ingenti somme di denaro”. Dall’altro lato, gli analisti cercano di comprendere le implicazioni internazionali della vicenda. In un recente incontro tra Sonko e un emissario di Emmanuel Macron, il primo ha messo sotto accusa le “relazioni asimmetriche” tra Francia e Senegal; e ha assicurato che, se eletto, punterà a rendere questi rapporti “più simmetrici”. Parigi invece si è detta poco favorevole a una terza candidatura di Sally; e comunque non vuole che il rapporto con la Francia possa trasformarsi in una questione di politica interna senegalese.