Serbia. Tra Europa e realtà

di Rodolfo Kiran –

SerbiaLa lunga strada di Belgrado verso la completa adesione alle istituzioni di Bruxelles rimane piena di annunci e buone intenzioni che spesso non trovano un concreto riscontro alla prova dei fatti. Il dogma laico per cui le repubbliche nate dalla frantumazione della Jugoslavia avrebbero trovato il naturale sbocco al lungo percorso di democratizzazione post-bellico nell’alveo istituzionale europeo inizia a mostrare le prime crepe.
L’attuale debolezza del concetto politico di Europa, sommata alla fuoriuscita della Gran Bretagna, al un nuovo confronto geopolitico con la Russia, e ad una perdurante crisi economica, ha messo molti dei paesi in attesa di adesione in una posizione di forza da cui trattare; e chi può prova ad approfittarne.
All’interno di questa cornice il governo Vucic continua a giocare una politica bifronte. Se da una parte difatti esso rimane fedele al mantra elettorale di voler implementare tutte le necessarie riforme per poter diventare uno stato membro entro il 2020 (una data senz’altro ottimistica), dall’altra continua a stringere una sempre maggiore alleanza diplomatica con il governo di Mosca, con cui vanta un forte legame storico, religioso, diplomatico e fino a pochi anni fa militare. Un canale preferenziale che non intende sacrificare all’altare di Bruxelles.
Forte della debolezza strutturale europea, Belgrado è riuscita negli ultimi due anni a resistere alle pressioni di adesione alla politica sanzionatoria contro la Russia, rivendicando una autonomia in politica estera, che in molti non guardano di buon occhio.
Una questione ribadita nuovamente venerdì 21 ottobre dal ministro degli Esteri, e vice primo ministro in carica, Ivica Dacic a margine di un colloquio con l’ambasciatore russo in Serbia, Alexander Chepurin. Ennesima testimonianza del filo rosso che unisce i due paesi, in cui le parti si sono impegnate ad intensificare ulteriormente i rapporti bilaterali, sopratutto in campo economico. A tal proposito, nello stesso incontro sono state fatte ulteriori considerazioni circa la prossima partecipazione di Dacic al comitato intergovernativo per il commercio, economia e cooperazione scientifica-tecnica, in programma ai primi di novembre in Russia.
Forte di un pragmatismo forse senza eguali nel panorama politico serbo, l’azione politica di Dacic sottolinea come la Serbia al momento non sia intenzionata ad allinearsi all’Unione dacic ivica grandeEuropa in politica estera, in quanto non ancora membro, e che anzi rivendica una totale indipendenza, rimandando al mittente delle pressioni ritenute “inaccettabili”.
Le dichiarazioni del ministro degli esteri giungono al termine di una difficile settimana dei rapporti tra Serbia-UE, in cui i negoziati tecnici per la normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina hanno registrato l’ennesima fumata nera. Sul tavolo la questione spinosa dei diritti, delle proprietà e dello status delle municipalità serbe in Kosovo, che per la Serbia rappresenta una priorità inascoltata da Bruxelles.
A gettare acqua sul fuoco delle relazioni Serbia-UE sono arrivate le dichiarazioni del ministro dell’Integrazione Europea Jadranka Joksimovic fiduciosa di far aprire entro fine anno i capitoli 5 (diritto societario), 25 (unione doganale) e 26 (relazioni esterne).
Una strategia del bastone e della carota che mette la Serbia in una posizione di forza, nonostante Belgrado abbia più bisogno di Bruxelles, di quanto Bruxelles abbia bisogno di Belgrado.

Nella seconda foto: il ministro degli Esteri serbo Ivica Dacic.