SIERRA LEONE. Confermata la condanna dell’ex presidente liberiano Taylor a 50 anni

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taylor charlesIl 65enne ex presidente della Liberia, Charles Taylor, si è visto oggi confermare la condanna a cinquant’anni di reclusione in Appello da un Tribunale speciale delle Nazioni Unite per la Sierra Leone riunitosi a l’Aja: non v’è quasi reato per cui non sia stato accusato Taylor, dall’essere mandante di omicidi al cannibalismo, dal traffico d’armi alla corruzione, ed ancora appropriazione indebita, evasione, crimini contro l’Umanità e colpo di Stato, si disse pilotato dagli Stati Uniti.
Grazie ai finanziamenti della Libia nel 1990 organizzò un colpo di Stato che, partendo dalla Costa d’Avorio gli diede l’occasione di rovesciare il governo liberiano di Samuel Kanyon Doe, che venne torturato fino alla morte; da allora vi furono in Liberia pesanti scontri interetnici ed in questo humus Taylor seppe arricchirsi in modo sproporzionato: addirittura diede al televangelista Pat Robertson, con il quale aveva legami economici, i diritti di sfruttamento delle miniere di diamanti e lui, come se nulla fosse, dirottò gli aerei per portare gli aiuti al disastrato Ruanda per portare i macchinari necessari per l’estrazione delle pietre preziose, finanziamenti che servivano a Taylor per finanziare la guerra civile.
Finalmente nel 1996 le ostilità finirono e Taylor nel 1997 Taylor venne eletto presidente con il suo famoso slogan elettorale “He killed my ma, he killed my pa, but I will vote for him” (“Lui uccise mia madre, lui uccise mio padre, ma voterò per lui”).
Fra i primi provvedimenti Taylor licenzò circa 2500 militari di etnia Kharm e, grazie al commercio di diamanti, finanziò “Forze di sicurezza contro il terrorismo” che in realtà si abbandonarono ad ogni forma di abuso sulla popolazione, come pure ideò e sostenne il Ruf (Revolutionary United Front) per prendere il controllo della Sierra Leone: i Ruf rapirono, torturarono, uccisero e mutilarono migliaia di persone e fecero persino un numero imprecisato di bambini-soldato, terrore che gli serviva per raggiungere il suo scopo.
Nel 1999 i ribelli del Lurd presero il controllo del nord della Libera, mentre nel 2003 quelli del Model, appoggiati dalla Costa d’Avorio, conquistarono la parte meridionale del paese; nello stesso anno, il Procuratore della Corte Speciale della Sierra Leone formulò nei confronti di Taylor l’accusa per crimini di guerra, nonché di aver ospitato membri di al-Qaeda connessi con gli attentati del 1998 alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania.
Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush dichiarò due volte quello stesso mese che Taylor “deve lasciare la Liberia”. Il 9 luglio il Presidente Nigeriano Olusegun Obasanjo offrì a Taylor un esilio sicuro nella sua nazione, ma solo a patto che Taylor non si fosse più occupato della politica Liberiana.
Per convincere Taylor alle dimissioni il presidente degli Stati Uniti inviò l’Amphibious Ready Group della Joint Task Force Liberia con 3 navi da guerra e 2.300 Marines in vista della costa, cosicché Taylor si dimise e volò in Nigeria, dove il governo mise a disposizione delle abitazioni per lui ed il suo staff a Calabar.
Continuò tuttavia con le sue trame politiche, per cui nel novembre 2003 il Congresso degli Stati Uniti offrì una ricompensa di due milioni di dollari per la cattura di Taylor.
Nel 2006 il nuovo presidente liberiano Ellen Johnson Sirleaf chiese inutilmente l’estradizione di Taylor per consegnarlo alla Sierra Leone, ma fu la minaccia di Bush di annullare l’incontro con il presidente nigeriano Olusegun Obasanjo a spingere Taylor a scappare verso il Camerun, dove fu fermato e nella cui auto vennero rinvenute importanti quantità di preziosi e di eroina.
Il 3 marzo del 2006 venne incriminato per 17 capi d’accusa per crimini di guerra e crimini contro l’Umanità commessi durante il conflitto in Sierra Leone.