La conversione di Silvia Romano all’Islam e la fuffa dei moralisti-sovranisti

di Enrico Oliari –

Il caso della cooperante Silvia Romano, liberata in Somalia e rientrata in Italia con il velo islamico, si è schiantato come un meteorite sul lockdown ormai in scadenza dei 60 milioni di tecnici della nazionale, 60 milioni di virologi e 60 milioni di analisti di geopolitica. Per i distributori di inchiostro nero della stampa sovranista è stato una manna, dopo che per mesi non sono andati oltre le parole Covid e Mes, ma dietro a certi titoli a piena pagina dal tono “Abbiamo liberato un’islamica” (Libero) e “Schiaffo all’Italia – Islamica e felice Silvia l’ingrata” (Il Giornale) più che l’attacco acuto di un’islamofobia cronicizzata vi è la necessità di negare l’indubbio successo di un’operazione complessa e che ha richiesto molto impegno, un successo delle istituzioni e di chi governa.
La giovane Silvia Romano si trova ora presso la sua casa di Milano, dopo che ieri è stata interrogata per alcune ore dagli inquirenti guidati dal pm Sergio Colaiocco non appena sbarcata all’aeroporto di Ciampino, dov’era giunta dalla Somalia con un volo dell’Aise, i nostri servizi segreti.
Laureata in mediazione culturale, Silvia Romano era in Kenya per conto dell’Associazione marchigiana Africa Miele per aiutare con l’insegnamento i bambini delle zone remote del paese, ma nel novembre 2018 era stata rapita da un commando di uomini armati nel villaggio keniota di Chakama, a circa 80 chilometri a ovest di Malindi.
Da quanto si è appreso si sarebbe trattato di criminali comuni che poi l’avrebbero venduta agli jihadisti di al-Shabbab, ed alla liberazione si è arrivati grazie al pagamento di un riscatto (qualcuno scrive di 1,5 milioni di euro, qualcun altro di 4 milioni) e alla cooperazione dei servizi segreti italiani con quelli turchi e quelli somali.
Questi sono i fatti e qui ci si dovrebbe fermare. Al massimo ci si potrebbe spingere sull’opportunità o meno di scendere ai patti con i qaedisti di al-Shabaab, organizzazione terroristica che nel curriculum ha una serie impressionante di attentati anche gravissimi, per cui il denaro del riscatto potrebbe essere utilizzato per finanziare stragi come quelle che avvengono quasi settimanalmente a Mogadiscio (in un solo attentato del 2017 oltre 300 morti) o come gli attacchi in Kenia al campus universitario di Garissa (148 morti) e al centro commerciale Westgate di Nairobi (67 morti).
Il resto è fuffa, a cominciare da quel dito puntato dai moralisti-sovranisti contro la conversione di Silvia Romano all’Islam (oggi si chiama Aisha), per arrivare al matrimonio con uno dei suoi carcerieri.
Già, la conversione all’Islam. Che per il composito mondo dei sovranisti-moralisti è la vera macchia della vicenda, il male oscuro, il tradimento imperdonabile alla purezza della razza italica. D’altronde vanno predicando da tempo che non tutti i musulmani sono terroristi ma tutti i terroristi sono musulmani, come se le stragi di mafia le avessero preparate sulla cupola della Mecca e le Brigate Rosse fossero state al soldo di Khomeini.
Da quanto riferito agli inquirenti si è trattato in entrambi i casi di una libera scelta, “Non sono stata costretta a sposarmi, la conversione all’Islam è stata una mia decisione spontanea”, anche se qualcuno pensa che siano state le circostanze più che i sequestratori a costringerla alla conversione e al matrimonio.
E’ un dato di fatto però che la carica mediatica su due aspetti tutto sommato privati della persona sia esagerata ed ingiustificata fino a diventare una violenza conclamata, che va di pari passo col pollice abbassato nell’arena dei social, dove l’odio è ormai incontrollabile.
Un’italiana, una di quelli che metteva in pratica “l’aiutiamolo a casa loro”, è tornata a casa dopo 18 mesi di prigionia. Questo è quanto e questo è ciò che importa.