Siria. Ad un mese dall’uccisione di Khalaf proseguono le proteste dei curdi

di Gianni Sartori

E’ passato solo un mese dalla brutale uccisione di Havrin Khalaf, co-presidente del partito Futuro della Siria, e già sembra che lei sia stata dimenticata. L’indignazione per questo delitto riempì le cronache solo per qualche giorno, poi è stata fatalmente oscurata da ulteriori brutalità commesse dalle truppe turco-jihadiste.
Ma chi non potrà dimenticarla è sua madr, a cui era pervenuta un’ultima telefonata. Subendo l’estrema violenza di dover ascoltare e comprendere quanto stava accadendo sull’autostrada M4, nei pressi del villaggio di Tirwazi. Qui, tra Suluk e Tall Tamer, il 12 ottobre Havrin era stata catturata dai lanzichenecchi di Ankara e quindi violentata e lapidata.
Oggi la mamma della 35enne assassinata era in prima fila per protestare contro le pattuglie turco-russe che percorrono e rastrellano la regione di Derik e di Girke Lege, nel cantone di Qamishlo. Portava nelle mani alcune pietre e una scarpa della figlia torturata e assassinata. Ha scagliato sia le pietre che la scarpa (in Medio oriente un gesto universalmente inteso come espressione di massimo disprezzo per chi lo subisce, come quelle lanciate a Bush) contro i blindati.
“Sembrava quasi – ha commentato una compagna curda presente – una versione tragica della favola di Cenerentola…”. Manifestazioni analoghe si sono svolte in altre località del Rojava, e a Derik un giovane curdo, Serxwebun Ali, è morto dopo essere stato investito da un blindato delle pattuglie congiunte.