Siria. Al-Sharaa incontra Erdogan per la cooperazione militare

di Giuseppe Gagliano

Il presidente ad interim siriano, Ahmad al-Sharaa, si è recato oggi ad Ankara dove ha incontrato il collega Recep Tayyp Erdogan. Tra i temi trattati i è la stesura di un accordo di cooperazione militare che, se confermato, rappresenterebbe un cambiamento radicale negli equilibri del Medio Oriente. Dopo anni di ostilità e un coinvolgimento diretto di Ankara nel conflitto siriano, il fatto che la nuova leadership siriana discuta con Erdogan un’intesa militare suggerisce che il crollo del regime di al-Assad abbia aperto spazi per nuovi assetti geopolitici.
La Siria, ancora in ricostruzione dopo anni di guerra civile, si trova a dover riformare il proprio esercito. Il coinvolgimento turco nell’addestramento delle nuove forze armate siriane e l’eventuale installazione di basi aeree turche nella regione centrale del Paese rafforzerebbero enormemente la posizione di Ankara, ma solleverebbero interrogativi sugli equilibri con gli altri attori regionali. L’eventuale presenza turca nelle basi di Palmira e T4 a Homs potrebbe significare un controllo strategico sulle rotte di comunicazione tra Iran e Mediterraneo, aspetto che difficilmente verrà tollerato da Teheran.
La questione curda resta centrale. Se l’accordo includesse operazioni congiunte contro le YPG nel nord-est della Siria, ciò rappresenterebbe una vittoria politica per Erdogan, da sempre impegnato a smantellare l’influenza curda nella regione. Tuttavia, un’intesa di questo tipo potrebbe complicare le relazioni con gli Stati Uniti, che hanno sostenuto le YPG nella lotta contro l’ISIS. Washington, già preoccupata dall’eccessiva autonomia di Ankara in politica estera, potrebbe vedere in questo accordo un ulteriore elemento di instabilità.
C’è poi il nodo russo. Mosca ha mantenuto due basi strategiche in Siria, la navale a Tartus e l’aerea a Latakia, e difficilmente accetterà di essere ridimensionata nel contesto siriano. Anche se la Russia ha avviato proprie trattative con la nuova leadership di Damasco, un aumento della presenza turca nel Paese potrebbe portare a frizioni. È improbabile che il Cremlino voglia un’escalation, ma di certo vorrà garanzie sul mantenimento del proprio ruolo.
Infine, non bisogna dimenticare la reazione degli Stati del Golfo e di Israele. Un’espansione dell’influenza turca in Siria, a spese dell’Iran, potrebbe essere accolta positivamente da Riyadh e Abu Dhabi, ma allo stesso tempo ridisegnerebbe l’intera mappa della sicurezza regionale. Israele, da parte sua, osserverà con attenzione: se la Turchia dovesse ottenere una presenza stabile nelle basi militari siriane, Tel Aviv potrebbe preoccuparsi di una maggiore libertà di manovra per gruppi islamisti che Ankara ha sostenuto in passato.