di Giuseppe Gagliano –
La conferenza internazionale sulla Siria tenutasi a Parigi segna un momento chiave nel riassetto geopolitico del Medio Oriente dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad. Tra gli ospiti più discussi dell’evento c’è Anas Khattab, il nuovo capo dei servizi segreti siriani, la cui nomina ha suscitato interrogativi e preoccupazioni nelle cancellerie occidentali. L’incontro con gli omologhi francesi è una prima occasione di confronto tra la nuova leadership siriana e l’Europa, che segue con attenzione l’evoluzione del Paese, in bilico tra stabilizzazione e nuove tensioni interne.
Khattab, 37 anni, ha un passato ingombrante. Nato a Jaryud, vicino a Damasco, si è formato come ingegnere prima di intraprendere un percorso di radicalizzazione che lo ha portato prima nella resistenza irachena contro gli Stati Uniti nel 2008 e poi, nel 2012, nelle fila di al-Nusra, il gruppo affiliato ad al-Qaeda in Siria. Il suo ruolo nel conflitto siriano è stato a lungo controverso: da un lato, è stato inserito nelle liste nere di Stati Uniti e Nazioni Unite per la sua affiliazione a gruppi estremisti, dall’altro, alcune fonti suggeriscono che abbia collaborato con Washington per identificare elementi jihadisti particolarmente pericolosi. Informazioni mai confermate ufficialmente, ma che gettano un’ombra ambigua sul suo profilo.
La sua ascesa alla guida dei nuovi servizi di intelligence siriani avviene in un momento cruciale, con un Paese in fase di ricostruzione politica e una comunità internazionale divisa tra il riconoscimento del nuovo assetto e la diffidenza verso i suoi protagonisti. Khattab ha promesso una riforma completa del settore della sicurezza, annunciando lo smantellamento delle 16 agenzie create sotto il regime di Assad. Un’operazione che, se portata a termine, segnerebbe una rottura con il passato e potrebbe garantire maggiore trasparenza nella gestione dell’apparato repressivo statale, a lungo accusato di abusi e violazioni dei diritti umani.
L’interesse della Francia per questo incontro è duplice. Da un lato Parigi vuole valutare l’affidabilità del nuovo regime siriano nella lotta al terrorismo e nella gestione della sicurezza ai confini, elementi fondamentali per la stabilità regionale e per il controllo dei flussi migratori. Dall’altro, la Francia, così come altri governi occidentali, non può ignorare il passato di Khattab e le possibili implicazioni della sua nomina. La sua esperienza in gruppi jihadisti e la sua eventuale collaborazione con gli Stati Uniti potrebbero essere interpretate come segnali di una volontà di distacco dalle correnti più estremiste, ma anche come un rischio di infiltrazione di elementi radicali nell’apparato di sicurezza dello Stato.
Sul tavolo del confronto con i francesi ci sono diverse questioni spinose. Il nuovo governo siriano intende collaborare con la comunità internazionale nella lotta al terrorismo? Quali garanzie offre sulla stabilizzazione del Paese e sulla protezione delle minoranze? Come verranno gestite le relazioni con gli ex combattenti e le fazioni armate ancora attive sul territorio? Domande che restano aperte e che troveranno risposta solo con il tempo, mentre le potenze occidentali valutano se e come interagire con la nuova Siria.
L’incontro di Parigi non è soltanto un episodio diplomatico, ma un test sulla capacità del nuovo governo di proiettare un’immagine di affidabilità e apertura. In un contesto geopolitico segnato da rivalità e interessi contrapposti, la Siria post-Assad si trova davanti a un bivio. Da una parte, la possibilità di avviare un percorso di normalizzazione con l’Occidente, basato su una gestione più trasparente della sicurezza e su una collaborazione nella lotta al terrorismo. Dall’altra, il rischio di scivolare in una spirale di nuove tensioni, con una leadership fragile e legami ambigui con le reti estremiste.