Siria: continua la repressione, nel disinteresse della comunità internazionale. Intervista a Aboulkheir Breigheche

di Enrico Oliari e Ehsan Soltani –

In Trentino non arrivano gli echi delle granate che sfondano interi palazzi nelle ormai tristemente note città di Homs o di Idlib: la Siria non è la Libia, è a noi lontana e da essa non dipendiamo per il petrolio o per altre risorse energetiche.
Eppure non passa giorno senza che le agenzie riportino di decine di bambini, donne e uomini rimasti uccisi nella furiosa repressione del dittatore Bashir al-Assad, nell’appena sufficiente interesse della comunità internazionale: sono ormai undici mesi che Damasco soffoca nel sangue le manifestazioni di protesta della una popolazione colpevole solo di chiedere più diritti e più democrazia, in quella scia della Primavera Araba che, a quanto sembra, ha parlato e parla lingue diverse da paese in paese, a seconda degli interessi in gioco. E, man mano che il tempo passa, sempre più disertori lasciano l’Esercito siriano per confluire nell’Esercito libero, nel disperato tentativo di fermare gli eccidi e le sopraffazioni del regime.
Il presidente della comunità islamica di Trento è il dott. Aboulkheir Breigheche, il quale, se in questi giorni è soddisfatto per la vittoria riportata al Consiglio di Stato in merito all’apertura del Centro islamico, altresì è fortemente preoccupato per quanto sta accadendo in Siria, paese da cui lui stesso proviene.
– Lei, Breigheche, immagino si schieri con gli insorti…
“Com’è possibile sostenere un criminale che massacra il suo popolo, che non ha mai preso in considerazione le richieste di dignità e di libertà, che ha continuato la legge marziale imposta dal padre quarant’anni fa? E’ succeduto a Hafiz al-Assad a trentacinque anni con una truffa, dal momento che la Costituzione prevedeva l’età minima dei quarant’anni per quella carica… per lui sono state cambiate le norme, in tre minuti… tutti noi siriani speravamo che un presidente giovane, che aveva studiato in Occidente, portasse una ventata d’aria nuova, ma ben presto siamo ripiombati nelle prigioni e nelle torture. Per questo io penso che una persona che abbia un minimo di dignità non possa parteggiare per un ‘Hitler’ che bombarda le sue città, che massacra il suo stesso popolo”.
– Tuttavia la situazione appare abbastanza complicata, con l’esercito stesso diviso orizzontalmente fra sciiti e sunniti…
“Guardi, noi siriani non abbiamo mai avuto problemi di spaccature: siamo sempre andati d’accordo, musulmani, atei, cristiani, alauiti, sciiti, sunniti. La spaccatura c’è ora, ed è strumentalizzata in funzione repressiva”.
– L’Onu si è divisa sul voto per un intervento, con il ‘no’ deciso di Cina e Russia, mentre ora è la volta di un’azione congiunta della Lega Araba e di Kofi Annan. Che ne pensa?
“Si tratta di un gioco delle parti, solo di fumo; se avessero voluto, come hanno fatto nel caso della Libia e della Bosnia, non si sarebbero fatti problemi. Oggi in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu ci sono paesi come la Cina, ma mi lasci aggiungere anche la Russia, che, nonostante siano dittature e calpestino i diritti civili, hanno il diritto di veto. Serviva almeno una ‘No fly zone’, ci ritroviamo invece la Clinton che vorrebbe armare i manifestanti, cosa che nessuno ha chiesto. La verità è che dopo 11.000 morti ci si sarebbe aspettato qualcosa di più delle belle parole e dei mille buoni propositi”.
– Colpisce il silenzio di Israele, il quale preferisce indirizzare i suoi strali esclusivamente verso l’Iran. Forse Tel Aviv teme per la fornitura di gas che arriva attraverso il gasdotto arabico,  il cui punto di raccolta delle ramificazioni si trova proprio a Homs?
“Da sempre questo regime ha giocato sporco, sulla questione israelo-palesinese: ufficialmente si è proclamato difensore del popolo della Palestina, mentre in realtà manteneva stretti rapporti con il vicino a sud, al punto che la Siria può essere definita indispensabile per la sicurezza di Israele. La stessa perdita del Golan è imputabile al regime siriano”.
– Mentre l’Iran ha, con il regime, un rapporto più palese…
“Fra Damasco e Teheran esiste un patto strategico, come, tra l’altro, ha ricordato in questi giorni l’ayatollah Khamanei. L’Iran ha mandato in Siria, fin dall’inizio degli scontri, tecnici, armi e, qualcuno dice, pure soldati per continuare i massacri dei manifestanti. Io penso che prima o poi il regime cadrà e quindi questo sistema di alleanze, che appare fin da ora come diabolico, muterà: l’Iran cerca da sempre di avere il massimo controllo dell’area mediorientale”.
– Che ruolo ha la Turchia, il cui presidente, Recep Tayyip Erdogan, ha recentemente fatto visita proprio a Khamanei?
“La Turchia ha dato un esempio al mondo intero su come islam e laicità possano coesistere nello stesso spazio: ha riconquistato la libertà dopo il regime militare ed è quindi contraria a tutti i regimi, compreso quello siriano e questo si vede con l’apertura sul suo territorio dei campi profughi e con l’appoggio ai manifestanti”.
– Mettiamo per un attimo da parte la politica: quali emergenze sta incontrando il popolo siriano?
“C’è un impressionante numero di profughi, qualcuno dice un milione, che è fatto di persone in fuga dalle città bombardate, che vaga all’interno della Siria, in modo confuso, senza una meta. Vi è poi un’emergenza sanitaria, mancano medici, infermieri, medicinali, presidi… la situazione alimentare e sanitaria è precaria al punto che uno dei membri della commissione della Lega Araba, in visita, ha preferito dimettersi piuttosto che tacere sulle sofferenze che il regime impone al popolo”.
– Non teme, come nel caso dell’Iraq, che, una volta cacciato al-Assad, possano prendere vita radicalismi?
“La storia siriana parla di un popolo che ha sempre saputo trovare la coesione, cioè superare le diversità etniche e religiose, con gli strumenti della democrazia e del confronto, dove, per arrivare ad un obiettivo, ognuno è disposto a cedere qualcosa. Non penso quindi che in Siria si potranno manifestare estremismi o radicalismi. Nel caso specifico dell’Iraq, sono subentrati interessi esterni, ai quali non dispiace la strategia della tensione”.
– C’è chi pensa, tuttavia, che dopo la stagione della Primavera Araba, le cose torneranno come prima, con dittatori o con governi filo-occidentali…
“No, io non penso che questo possa accadere. L’intero mondo è cambiato, non solo il mondo arabo: nessuno è disposto a perdere la libertà conquistata, indietro non si torna”.
– Come pensa si debba rapportare il nuovo governo siriano con il vicino Israele?
“Ogni paese reclama ciò che è suo: noi siriani rivogliamo il Golan, che è una parte di Siria occupata militarmente da Israele. In merito alla questione palestinese, personalmente non sono per la strategia dei ‘due popoli, due stati’, via che non appare perseguibile. Un popolo unico, quindi, in uno stato unico”.
– al-Assad ha promesso riforme…
“Prima va giudicato per i suoi crimini, come coloro che operano con lui”.