Siria. Erdogan non perde tempo: raid sui curdo-siriani

di Enrico Oliari –

Nella più classica retorica di chi ha il coltello dalla parte del manico si chiama “Operazione Sorgente di Pace”. Così il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha dato il via alla sua personalissima invasione della Siria settentrionale, dopo che il presidente Usa Donald Trump gli ha dato sostanzialmente il via dichiarando concluso il supporto degli Stati Uniti ai curdi in quanto terminata la guerra all’Isis. Se per Trump si tratta di “non immischiarsi in guerre tribali”, per Erdogan c’è ora l’opportunità di coronare il suo progetto di creare una zona cuscinetto di 30 chilometri di profondità nel territorio siriano, per un fronte di 480 chilometri, al fine di scongiurare i contatti fra i curdo-siriani ed i turco-siriani, specialmente del Pkk. Di fatto un’annessione.
I curdi della Siria combattono nelle file dell’Ypg, ala armata del Partito Democratico, e sono stati il primo baluardo all’espansione dell’Isis in Siria, si pensi alla storica battaglia di Kobane. Ma per Erdogan, che negli anni della guerra ha fatto transitare dagli aeroporti turchi decine di migliaia di foreign fighters e dai confini armi dirette ai “ribelli” e petrolio contrabbandato dall’Isis, restano terroristi intenzionati ad intensificare i contatti e la cooperazione con i cugini del Pkk curdo. Si tratta degli stessi curdi addestrati anche dagli italiani e a spese degli italiani, nello stesso momento in cui i miliziani dell’Isis feriti venivano curati negli ospedali turchi.
Le ultime notizie riportano di bombardamenti da parte di caccia turchi che provengono da due direttrici, segno di un’entrata imminente di mezzi pesanti e truppe, come pure si parla di prime vittime civili. In un comunicato Ankara ha fatto sapere che ai raid seguiranno attacchi di terra delle postazioni curde.
Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha lanciato l’allarme secondo cui l’iniziativa di Erdogan sfocerebbe in un’ulteriore destabilizzazione di una regione già duramente provata, e porterebbe ad una rinascita dell’Isis. Tra l’altro nel Kurdistan siriano vi sono una ventina di campi con circa 11mila combattenti dell’Isis ed attorno altri campi con i loro famigliari, ma dagli Usa è stato fatto sapere che non esistono piani per la loro gestione.
Dall’Ue sono piovuti gli inviti alla proporzionalità dell’attacco ed al ritorno alla diplomazia: il presidente del Parlamento europei ha chiesto “con forza alla Turchia di interrompere immediatamente ogni azione militare” nel nord della Siria. “C’è una popolazione che ha già sofferto duramente. Non dobbiamo metterla in condizioni di avere altre sofferenze. Si fermi questo intervento, non sarà mai una soluzione ai problemi che abbiamo”, ha affermato, invitando la Turchia a lavorare nel campo della diplomazia per ottenere la zona di sicurezza.
Ma verso l’Europa Erdogan potrebbe far pesare i milioni di migranti lì trattenuti in base ad accordi rispettati a metà proprio dall’Ue.
Per domani è stata convocata una riunione urgente del Consiglio di sicurezza del’Onu.