Siria. Nulla di fatto all’ONU sulle operazioni di aiuto transfrontaliere

di Alberto Galvi

Nelle ultime settimane la carenza di pane si aggiunge ai crescenti problemi che i siriani devono affrontare insieme alla guerra civile, la pandemia di coronavirus e le sanzioni che gli Usa hanno recentemente implementato con il Caesar Syria Civilian Protection Act, che è entrato in vigore il 17 giugno scorso.
Il presidente siriano Bashar al-Assad ha ripreso il controllo di gran parte del Paese strappandolo ai ribelli, con il sostegno di Russia e Iran. Ma le principali regioni agricole del Paese rimangono nelle mani dei combattenti a guida curda che hanno sequestrato un vasto territorio ai terroristi dell’ISIS. La Siria ha inoltre avuto una produzione drasticamente inferiore di grano da quando è scoppiato il conflitto. 
Le sanzioni imposte dagli Usa stanno danneggiando i loro alleati curdi in Siria, che controllano anche le principali regioni agricole del Paese. Inoltre fuori dai confini della Siria il conflitto ha creato la più grande crisi di rifugiati nel mondo: 6,6 milioni di rifugiati, di cui più di 5,5 milioni vivono in Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto.
Dopo lunghi negoziati, il 10 gennaio scorso il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha adottato la risoluzione 2504 del 2020 che estende fino al 10 luglio l’autorizzazione delle Nazioni Unite e dei suoi partner a fornire aiuti umanitari attraverso le frontiere in Siria.
A poche ore dalla scadenza del 10 luglio il Consiglio di sicurezza dell’ONU si è trovato in una situazione di stallo dopo che più turni di votazioni hanno portato a veti e negoziati, che non sono riusciti a trovare un compromesso per mantenere attive le operazioni di aiuto transfrontaliere.
La Russia e la Cina avevano posto il veto a una risoluzione dell’ONU sostenuta dagli altri 13 membri del Consiglio di sicurezza che avrebbe permesso di continuare la consegna degli aiuti umanitari nel nord-ovest della Siria, per lo più in mano ai ribelli.
La risoluzione consentiva alle Nazioni Unite di utilizzare i due valichi di frontiera turco siriani, Bab al-Hawa e Bab al-Salameh. Alla fine della primavera l’economia siriana si è improvvisamente sgretolata a causa della lunga guerra, del coronavirus, di una crisi bancaria nel vicino Libano e delle nuove sanzioni statunitensi.
Dopo il voto fallito, il Consiglio di sicurezza dell’ONU si riunirà in consultazioni chiuse per discutere i prossimi passi da farsi.
Mentre la guerra sta proseguendo verso il suo nono anno, la situazione umanitaria in Siria sta peggiorando, ed in particolar modo nella regione nord-occidentale della Siria detenuta dai ribelli, compresa la tasca di Idlib, dove milioni di persone hanno oramai un accesso molto limitato alle cure sanitarie con gravi conseguenze per la salute pubblica che in questo tempo di coronavirus può far esplodere ulteriori focolai di contagio.
La Siria è ormai entrata in una nuova fase di difficoltà economica con quasi metà della popolazione che è costretta a fuggire dalle loro case e con le sanzioni occidentali che provocano nella popolazione siriana tanta sofferenza a causa della fame e della povertà.