di Giuseppe Gagliano –
Tredici morti in una notte. Questa volta a Jaramana, periferia drusa di Damasco, teatro dell’ennesima esplosione di violenza settaria. Bastata una registrazione vocale, un insulto, vero o presunto, al profeta Maometto, per innescare la rabbia di gruppi sunniti provenienti dalle vicine località a maggioranza islamica. Il risultato: scontri armati, vittime civili, due agenti del nuovo apparato di sicurezza caduti e un intero quartiere che ripiomba nel panico.
La Siria del dopo al-Assad è un mosaico impazzito. Da quando i ribelli islamisti hanno preso il potere nel dicembre 2024, nessuno è più davvero sicuro. La nuova leadership di Damasco, animata da un fervore religioso tanto ortodosso quanto disorganico, non riesce a garantire né ordine né protezione. E le minoranze, cioè drusi, alawiti, cristiani, si sentono abbandonate, quando non direttamente minacciate.
Lo avevamo già visto a marzo, con il massacro di centinaia di alawiti. Ora tocca ai drusi. E domani? Nel vuoto lasciato dal collasso dell’apparato statale, emergono milizie locali, gruppi armati settari, giustizieri improvvisati. Il Ministero dell’Interno parla di “proteste degenerate”. I capi religiosi invitano alla calma. Ma la realtà è un’altra: la guerra settaria, che molti si illudevano fosse un capitolo chiuso, è tornata.
Jaramana non è un villaggio isolato: è una periferia strategica, a pochi chilometri dalla capitale, dove convivono identità fragili e lealtà mutevoli. La comunità drusa ha sempre cercato un difficile equilibrio tra lealismo e autonomia. Ma oggi la sua pazienza è al limite. I leader locali accusano il governo di aver fallito. E Israele, in un gesto tanto simbolico quanto significativo, dichiara di essere pronto a intervenire per proteggere i drusi siriani.
Una minaccia militare che incrocia la geopolitica delle alture del Golan e l’antico legame con le comunità druse in Israele. Così anche un “incidente locale” come quello di Jaramana rischia di trasformarsi in un detonatore regionale. E la Siria, dopo quattordici anni di guerra, non ha più margini per nuove esplosioni.