Siria. Dall’Ue solo una reprimenda, Trump punta sui dazi. Erdogan, vado fino in fondo”

di Enrico Oliari

Al Consiglio Esteri l’Unione Europea ha deciso di non decidere sul tema dell’invasione turca della Siria, e di non andare nei fatti oltre la reprimenda. Basti pensare che Bruxelles continuerà ad erogare al governo di Recep Tayyp Erdogan i soldi degli europei nel quadro delle politiche di adesione e di vicinato, circa 400 milioni per il biennio 2019 – 2020, come neppure verranno imposte sanzioni o sospese le vendite di armi.
Di mezzo ci sono rapporti commerciali e diplomatici forti, si pensi al gasdotto che parte dall’Azerbaijan per arrivare in Puglia attraversando la Turchia (Bte / Tanap / Tap), come pure è forte la presenza di turchi ad esempio nella Germania di Angela Merkel.
Così l’iniziativa di sospendere la vendita di armi alla Turchia è rimasta dei singoli paesi, e per l’Italia il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha spiegato in un’informativa urgente alla Camera che “Nelle prossime ore, come ministro degli Esteri, formalizzerò tutti gli atti necessari affinché l’Italia blocchi le esportazioni di armamenti verso Ankara”, come pure che “ho dato immediate disposizioni per l’apertura di un’istruttoria dei contratti in essere”.
Incalzato dai suoi repubblicani, è stato un po’ più serio (il che è tutto dire) il presidente Usa Donald Trump: dopo aver avallato l’iniziativa di Erdogan annunciando il ritiro dei propri militari dalla Siria “per non essere immischiato in guerre tribali”, il capo della Casa Bianca ha annunciato l’intenzione di firmare “sanzioni contro dirigenti ed ex dirigenti del governo turco e chiunque contribuisca alle azioni destabilizzanti della Turchia nel nordest della Siria”. Trump si è detto “totalmente pronto a distruggere rapidamente l’economia turca se i leader turchi continuano questa strada pericolosa e distruttiva”, ed ha fatto sapere che presto verranno introdotti dai del 50% sull’acciaio turco, nonché bloccati i negoziati commerciali in corso per un valore di 100 miliardi di dollari.
Intanto procede l’offensiva turca volta a creare una zona cuscinetto, sotto il controllo turco e cioè un’annessione di fatto, di 30 chilometri di profondità per una lunghezza di 480 al fine di scongiurare i contatti tra il Pyd curdo-siriano con il Pkk curdo-turco, ed i militari di Ankara, sostenuti dai miliziani “ribelli” (in realtà spesso jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham (ex al-Nusra, ex al-Qaeda) hanno avviato l’offensiva su Manbij (Bambice), città ad ovest dell’Eufrate che i curdi hanno liberato dall’Isis. Le forze speciali statunitensi si sono intanto ritirate da Kobane, teatro della prima storica resistenza all’espansione dell’Isis, mentre centinaia di migliaia di profughi sono in fuga dalle zone del conflitto in quello che è un nuovo dramma umanitario.
I turchi hanno annunciato di aver “neutralizzato 560 terroristi”, cioè curdi dell’Ypg, quasi una beffa detta da coloro che per anni hanno lasciato transitare dagli aeroporti decine di migliaia di foreign fighters, come pure acquistato il petrolio dell’Isis, ceduto al gruppo terroristico armi e persino curatone i miliziani negli ospedali.
Il presidente – sultano Erdogan, che è tornato a minacciare l’Europa dell’invio di tre milioni di profughi, ha detto oggi che “Andremo fino in fondo”, e che “Con l’operazione Fonte di pace la Turchia ha intrapreso un passo vitale quanto l’operazione a Cipro del 1974”.
Da sud stanno arrivando nel Rojava (Kurdistan siriano) le prime colonne di militari siriani, come da accordo tra il governo di Damasco ed i vertici curdi, benedetto dalla Russia. I primi militari sarebbero già a poche decine di chilometri dal confine: Erdogan con la sua “Fonte di pace” ha dato fuoco alla polveriera.