Slovacchia. Fico sfida l’Europa sulle sanzioni a Mosca

di Giuseppe Gagliano –

Una crepa profonda si apre nel fronte europeo contro la Russia, e questa volta porta la firma di Robert Fico. Il primo ministro slovacco ha annunciato pubblicamente che il suo governo si opporrà a qualsiasi nuova sanzione dell’Unione Europea che possa danneggiare gli interessi della Slovacchia. Una dichiarazione pesante, rafforzata da una risoluzione parlamentare approvata il 5 giugno, che ha sancito la volontà di disallinearsi dalle logiche punitive dell’UE nei confronti di Mosca.
Fico non si nasconde dietro formule diplomatiche. Il leader populista del partito Smer-SD ha parlato chiaro: “Non voterò mai per una sanzione che danneggerebbe la Slovacchia”. E non si tratta solo di parole. Bratislava, da mesi, ha interrotto qualsiasi forma di aiuto militare all’Ucraina. Ora minaccia di far saltare il principio dell’unanimità che regola le decisioni di politica estera dell’Unione, compresa l’imposizione di sanzioni. Una bomba politica nel cuore dell’Europa.
La risoluzione parlamentare è frutto di un’alleanza interna che unisce il Partito Nazionale Slovacco, il partito di Fico e parte di Hlas-SD. Non è stata votata da tutta la maggioranza, ma ha comunque ottenuto una solida approvazione (51 voti su 76 presenti). L’opposizione ha scelto il boicottaggio, ma è rimasta senza strumenti reali per fermare un processo politico ormai avviato. Il contenuto del documento è inequivocabile: le sanzioni contro la Russia, si legge, hanno fatto esplodere i costi dell’energia, distrutto le catene logistiche e minato la competitività dell’economia slovacca. Tradotto: Bruxelles ha scelto la linea dura, ma sono i cittadini dei piccoli Paesi dell’Est a pagarne il prezzo.
Fico cavalca la crisi, ma non è solo. L’ungherese Viktor Orbán lo affianca in questa crociata. Anche lui da anni si oppone alle misure europee contro Mosca e al sostegno militare a Kiev, dipingendo la guerra come un conflitto per procura manovrato da Bruxelles. La convergenza tra Budapest e Bratislava crea un asse di disobbedienza che mina dalle fondamenta l’unità strategica dell’Unione. E proprio mentre la Commissione lavora al 18mo pacchetto di sanzioni contro la Russia, incentrato sul contrasto alla “flotta ombra” di petroliere, il veto slovacco potrebbe essere l’elemento destabilizzante che rimette tutto in discussione.
La posizione slovacca si muove anche sul piano energetico. Fico ha chiarito che non appoggerà mai misure che colpiscano l’importazione di combustibile russo per le centrali nucleari del Paese. In un’Europa che cerca affannosamente alternative al gas e al petrolio russi, la Slovacchia rivendica con fierezza la propria dipendenza strategica da Mosca. È una presa di posizione che si traduce in un attacco alla coesione comunitaria, ma anche in una lucida difesa di un modello economico che, secondo Bratislava, l’UE ha sacrificato in nome della geopolitica.
Sul piano interno, la questione è ancora più intricata. Un’iniziativa popolare per convocare un referendum contro le sanzioni ha raccolto 400.000 firme. Il presidente Peter Pellegrini l’ha bocciata per vizi formali, ma Fico ha espresso sostegno all’idea, facendo capire che l’asse tra governo e popolazione potrebbe spostare ulteriormente gli equilibri.
Dietro le quinte però la Slovacchia non ha ancora esercitato il suo potere di veto sui precedenti 17 pacchetti di sanzioni UE. Ma ora le condizioni sembrano mature per un passo di rottura. Anche perché l’opposizione interna all’UE, silenziosa ma crescente, potrebbe trovare proprio in Fico l’uomo capace di trasformare il malcontento in azione politica.
Il fronte europeo scricchiola. Non per mano della Russia, ma per l’usura di una strategia sanzionatoria che inizia a mostrare tutti i suoi limiti. In nome della guerra, l’Europa ha dimenticato l’equilibrio. Ora, piccoli Paesi come la Slovacchia rivendicano il diritto di tornare alla realtà. Anche a costo di essere accusati di complicità con il Cremlino.