Somalia. La missione impossibile della normalizzazione

di Valentino De Bernardis –

L’alba di un nuovo inizio è sempre carica di aspettative, spesso convogliate su uno o più uomini che con il loro carisma riescono ancora ad accendere speranze ritenute spente per sempre. Questo è specialmente vero quando si parla di un paese che sta attraversando un prolungato periodo di difficoltà da cui non riesce ad uscire.
La Somalia non fa eccezione. La sua alba è sorta dell’elezione l’8 febbraio 2017 di Mohamed Abdullahi “Farmajo” alla presidenza dello Stato Federale. Una elezione difficile, giunta dopo sette mesi di continui annunci e rinvii, sotto la costante minaccia di attacchi terroristici di matrice islamica, tanto da costringere i diversi candidati ad attendere l’ultimo esito della votazione all’interno dell’aeroporto internazionale di Mogadiscio, protetti da straordinarie misure di sicurezza. Sintomi di una debolezza cronica dell’ossatura istituzionale somala.
Con la scelta di Abdullahi Farmajo il lungo processo di normalizzazione (forzata) nazionale è continuato seguendo una precisa tabella di marcia, rappresentata dall’insediamento ufficiale di quest’ultimo il successivo 16 febbraio, e dopo una settimana con la nomina di Hassan Ali Kheyre a capo dell’esecutivo il 23 febbraio.
Qui dove termina la ricostruzione cronologica dell’ultimo mese di convulsa vita politica somala da lasciare a futura memoria, nasce lo spazio alle dovute considerazioni politiche per provare a capire quali saranno le ripercussioni nel breve-medio periodo di determinate scelte.
Prima di tutto l’ampio sostegno ottenuto in sede parlamentare, sia dal presidente che dal primo ministro, rappresentano un chiaro messaggio indirizzato alla comunità internazionale di una nuova unità politico-etnica-religiosa a cui il paese era sempre stato alieno. Un impegno di tutta la classe politica, che allo stesso tempo ha anche rappresentato una richiesta di aiuto per risollevare un paese stretto sotto il multiforme giogo di istituzioni deboli, corruzione endemica (secondo il Corruption Perception Index 2016 la Somalia è classificata ultima sui 176 paesi studiati), ciclici disastri naturali (la carestia del 2017 è stimata essere simile a quella del 2011 per gravità), e costretta a fronteggiare la guerriglia senza quartiere del gruppo al-Shabaab. Un quadro sconsolante a cui va sommata una economia fragile, prettamente di sussistenza, ostacolata nel suo rilancio dalla mancanza cronica di infrastrutture e dalla vulnerabilità agli eventi naturali secondo il Fondo Monetario Internazionale.
Una richiesta di aiuto, quella somala, non caduta nel vuoto, come dimostrato dalla solidarietà incassata il 7 marzo durante la visita del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, in quella che è stata la sua prima missione da quando si è insediato ufficialmente a gennaio.
Ma il sostegno della comunità internazionale, qualora essa dovesse palesarsi non solamente a parole ma anche come sostegno finanziario diretto, non avrà alcuna possibilità di portare i frutti sperati se non sarà prima di tutto Mogadiscio a mostrare un deciso cambio di registro ella gestione del potere e delle casse dello stato.
In attesa della formazione del nuovo esecutivo entro il prossimo 1 aprile, i primi passi del duo Abdullahi Farmajo-Kheyre sono stati di un continuo dialogo con tutte le forze politiche, e di lavorare per provare a gettare le basi per assicurare la sicurezza su tutto il territorio nazionale. In questa direzione vanno lette, ad esempio, le diverse riunioni tenute con il ministro della Difesa uscente Abdulkadir Sheikh Dini e le gerarchie dell’esercito, per capire quale strategia adottare e su quali uomini puntare, oltre al passaggio della responsabilità della sicurezza a Mogadiscio alla Police and National Intelligence and Security Agency (NISA). Tentativo ultimo per mettere un freno agli attentati kamikaze, rivendicati da al-Shabaab, che colpiscono con uno stillicidio la capitale.
L’alba di un nuovo inizio sembra quindi essere veramente sorta, non rimane da sperare che non faccia nuovamente sera troppo presto.

@debernardisv
Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale