Somalia. Le imminenti elezioni tra coronavirus, tensioni politiche e violenze etnico-religiose

di Alberto Galvi –

Entro la fine dell’anno si terranno in Somalia le elezioni legislative. Il presidente del paese africano, Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo, ha firmato una legge federale che permetterà al paese di tenere le sue prime elezioni popolari dopo mezzo secolo.
In Somalia queste consultazioni saranno difficili da svolgere a causa di motivi di sicurezza dovuti anche allo scarso controllo del governo centrale su alcune regioni del paese.
Ad oggi la Somalia ha visto 3 elezioni presidenziali nel 2009, 2012 e 2017, che sono state decise da un sistema in cui i legislatori sono stati votati da circa 14.000 delegati del clan. Gli eletti hanno poi a loro volta scelto il presidente del paese.
Il sistema elettorale 4.5 su base clanica prevede che ciascuno dei 4 principali clan abbiano pari rappresentanza, mentre il restante 0.5 dei clan più piccoli ottenga il resto dei seggi assegnati o persino delle nomine governative.
Questo sistema è stato sempre ampiamente criticato a causa dell’emarginazione che provoca nei confronti dei giovani, delle donne e delle minoranze etniche.
La nuova legge sostituirà l’attuale modello attraverso la condivisione del potere: il sistema proposto garantirà infatti sia la rappresentanza dei clan in parlamento ma è stato modificato per evitare l’emarginazione delle diverse minoranze.
Se queste elezioni si terranno o no è però incerto in quanto l’epidemia di Covid-19, se molte persone dovessero recarsi alle urne, potrebbe aggravare ulteriormente la situazione sanitaria del paese
Le autorità federali hanno adottato una serie di misure di contenimento, ma hanno smesso di imporle in blocco, per mitigarne in parte l’impatto economico che ne sarebbe conseguito.
Il governo ha sospeso i voli internazionali ad eccezione di quelli a scopi umanitari, ha chiuso le scuole, ha limitato le manifestazioni religiose e ha istituito un coprifuoco notturno nelle principali aree urbane.
La Somalia ha infatti un sistema sanitario fragile, con milioni di sfollati interni e una burocrazia che si sta ancora riprendendo dal crollo dello stato federale e dalla guerra civile.
La presenza del coronavirus rischia di minare i recenti progressi avuti dalla Somalia, prima con il governo di transizione e poi con il governo attuale, che hanno lottato per contenere la minaccia del gruppo terroristico Al-Shabaab, che controlla comunque una parte considerevole del paese, principalmente nel sud e nell’entroterra.
La responsabilità per la sicurezza dei prossimi mesi sarà sicuramente delle truppe Amisom (African Union Mission to Somalia) e dalle forze di sicurezza somale; il finanziamento di Amisom è però destinato a ridursi a causa di una decisione presa dal Consiglio di sicurezza.
Questa situazione di emergenza potrebbe quindi dare nuova linfa ai sostenitori di un’organizzazione su base clanica e offrire l’opportunità ad Al-Shabaab di sfruttare le divisioni politiche del paese.
In vista delle imminenti elezioni è infatti in aumento la tensione tra il governo centrale, i gruppi di opposizione come l’UPD (Union for Peace and Development Party), Himilo Qaran, Wadajir, Ilays Party, Congress Party e Peace Party e gli stati federali come Koofur Orsi, Puntland, Somaliland, Jubaland, Hirshabelle e Galmudug.
L’esecutivo sta tentando di ottenere un nuovo alleato nelle regioni di Sool e Sanaag e nel distretto di Ayn a spese del Puntland, al fine di garantire la formazione di una nuova alleanza contro gli stati oppositori del governo centrale somalo.
Una decisione unilaterale del governo federale di rinviare le elezioni potrebbe quindi costituire non solo un semplice ritardo nella chiamata alle urne, ma anche una grave minaccia al progetto di stabilizzazione dello stato somalo.