di Alberto Galvi –
Negli scontri scoppiati all’inizio di febbraio nella regione separatista settentrionale della Somalia, il Somaliland, almeno 34 persone sono state uccise nei pressi di una città contesa. A causa degli scontri più di 185mila persone sono state sradicate dalle loro case, con gli operatori umanitari che lottano per rispondere alla situazione a causa delle risorse inadeguate. Oltre agli sfollati all’interno del Somaliland, per sfuggire alla violenza più di 60mila altri sono fuggiti nella regione somala dell’Etiopia.
Qatar, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Somalia, Turchia e Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per i combattimenti presso la città di Lascanood e hanno invitato tutte le parti ad aderire a un cessate-il-fuoco, ridurre l’escalation, consentire un accesso umanitario senza ostacoli e impegnarsi in un dialogo costruttivo e pacifico.
Dalla fine dello scorso anno la tensione è aumentata tra il Somaliland e le forze del clan locale di Lascanood, e pesanti combattimenti sono scoppiati intorno alla città, che si trova a cavallo di una rotta commerciale strategica.
All’inizio di febbraio i combattimenti sono scoppiati nei pressi del centro urbano dopo che gli anziani di tre province del Somaliland hanno annunciato di voler rientrare a far parte della Somalia e hanno rilasciato una dichiarazione in cui si impegnano a sostenere il governo federale della Somalia.
Il Somaliland, una regione di 4,5 milioni di persone situata a nord della Somalia, ha rivendicato l’indipendenza nel 1991 ed è stato caratterizzato da una relativa stabilità; stampa la propria valuta, emette i propri passaporti ed i suoi cittadini eleggono il proprio governo, tuttavia non ha mai ricevuto un riconoscimento ufficiale internazionale.
Le autorità del Somaliland hanno annunciato un cessate-il-fuoco il 10 febbraio, ma entrambe le parti si sono accusate a vicenda di averlo violato.