Sri Lanka. Crisi economica e istituzionale: il governo è alle strette e in cerca di aiuti

di Alberto Galvi

Il governo dello Sri Lanka sta affrontando nuove pressioni per il crescente numero di ex alleati buddisti che ne chiedono le dimissioni a causa della catastrofica crisi economica. La peggiore recessione del paese dall’indipendenza nel 1948 i 22 milioni di cittadini ad avere a che fare con continue interruzione di corrente elettrica, grave carenza di cibo e carburante.
Mentre la crisi economica innesca proteste a livello nazionale, Dhammananda e gli altri leader buddisti hanno presentato una petizione congiunta al presidente Gotabaya Rajapaksa per istituire un governo ad interim e tirare fuori il paese dal default.
Una mossa del genere richiederebbe le dimissioni del primo ministro Mahinda Rajapaksa, fratello del presidente e capo della potente famiglia che di fatto regna sullo Sri Lanka. Prima della crisi, entrambi gli uomini erano amati da gran parte della maggioranza buddista cingalese per aver posto fine alla guerra civile etnica durata decenni contro le Tigri Tamil.
Gotabaya ha dovuto affrontare richieste simili di dimissioni, con migliaia di manifestanti accampati davanti al suo ufficio sul lungomare di Colombo. Le ultime settimane hanno visto la frattura della coalizione di governo, con esponenti politici e dirigenti d’azienda che hanno esortato i Rajapaksa a dimettersi.
Il governo del primo ministro Mahinda Rajapaksa si era dimesso in seguito alle prime proteste di aprile, ma non il primo ministro.
Il ministro delle finanze Ali Sabry è a Washington per negoziare un sprestito da tre a quattro miliardi di dollari dal IMF (International Monetary Fund) per superare almeno in parte la crisi.