Sud Sudan. Raggiunto l’accordo tra Kiir e Machar

di Alberto Galvi –

Nei giorni scorsi l’alleanza dei movimenti di opposizione nel Sud Sudan chiamata SSOMA (South Sudan Opposition Movements Alliance) ha invitato il R-TGoNU (Revitalized Transitional Government of National Unity) a impegnarsi in colloqui costruttivi con loro per raggiungere la pace nel paese. Il gruppo di opposizione ha ribadito il suo impegno per raggiungere una pace sostenibile nel Sud Sudan.
Infatti si è raggiunta attraverso la dichiarazione di Roma sulla pace nel Sud Sudan del 12 gennaio 2020 e la verifica della Risoluzione sul monitoraggio CoHA 2017 del 14 febbraio 2020, che è stata firmata dal SSOMA e dal GRSS (Government of South Sudan) sotto la mediazione della Comunità di Sant’Egidio. In questo modo sono state fornite solide basi ai negoziati al fine di raggiungere una pace sostenibile affrontando le cause profonde del conflitto nel paese.
Il SSOMA è formato dai seguenti partiti: il R-SPLM (Real Sudan People’s Liberation Movement), NAS (National Salvation Front), il SSUF (South Sudan United Front), l’UNDRM/A (United Democratic Revolutionary Movement/Army), l’NDM-PF (National Democratic Movement-PF) e il SSNMC (South Sudan National Movement for Change).
Ciò accade 2 giorni dopo che il presidente Salva Kiir del SPLM (Sudan People’s Liberation Movement) ha sciolto il precedente governo e ha nominato i suoi vice presidenti come parte dell’accordo di pace rivitalizzato. Per mesi, il governo e gli ex ribelli rimasero in un vicolo cieco sulla questione del numero di Stati da mantenere nel Sud Sudan.
I leader che hanno prestato giuramento in questi giorni sono il primo vice presidente Riek Machar del partito SPLM-IO (Sudan People’s Liberation Movement-in-Opposition) conosciuto come AGF (Anti-Governmental Forces), il secondo vice presidente James Wani Igga del partito SPLM, il terzo vice presidente Taban Deng Gai del partito SPLM-IO della fazione di Juba e il quarto vice presidente Rebecca Nyandeng, comandante in capo del SPLM/A (Sudan People’s Liberation Movement/Army) e vedova del defunto dottor John Garang. Alla cerimonia del giuramento hanno partecipato il capo del Consiglio Sovrano del Sudan, tenente generale Abdel Fattah al-Burhan, insieme a diplomatici e dignitari di diversi paesi dell’Africa orientale.
Kiir durante le precedenti le trattative aveva aumentato unilateralmente il numero a 32 Stati durante la recente guerra civile. Machar e gli alleati hanno insistito sul fatto che il paese tornasse ai 10 Stati originali, che Kiir ha accettato lo scorso fine settimana. Kiir ha anche affermato che il paese avrebbe avuto 3 aree amministrative, per le quali devono ancora essere ancora definiti diritti e doveri.
La crisi del Sud Sudan è iniziata nel dicembre 2013 a soli 2 anni dalla sua indipendenza quando il presidente Kiir ha licenziato Machar come vice presidente con l’accusa di aver pianificato un colpo di Stato.
In seguito c’è stata una lunga guerra civile che ha causato la morte di decine di migliaia di vite e costretto 4 milioni di persone a fuggire dalle loro case. Da allora sono stati violati innumerevoli cessate il fuoco. Anche l’accordo di pace del 2015 è crollato quando sono scoppiati nuovi scontri l’anno successivo, costringendo Machar a fuggire dal paese.
Per quanto riguarda i combattimenti si sono attenuati nell’ultimo anno prima dell’attuazione dell’accordo del 2018. Il fallimento del precedente accordo di pace è in gran parte attribuito a inadeguate disposizioni di sicurezza.
L’accordo avrebbe dovuto essere concluso nel maggio del 2019, ma è stato rinviato 2 volte fino all’ultima scadenza che era il 22 febbraio scorso. La formazione del governo di coalizione e la successiva piena attuazione dell’accordo di pace sono state ampliamente sperate per porre fine alle sofferenze della popolazione del Sud Sudan, una giovane nazione che ha affrontato anni di conflitto.
Kiir e Machar hanno affermato che le questioni in sospeso saranno negoziate sotto il nuovo governo i cui nuovi ministri e governatori statali devono ancora essere nominati. Per il successivo triennio di transizione il presidente Kiir ha espresso la speranza di far tornare alle loro case i rifugiati e gli sfollati interni che hanno sofferto indicibili sofferenze tra cui la fame.