Sud Sudan. Unicef, ‘liberati 145 bambini soldato’, ma sono 800 quelli arruolati nel solo 2016

di Giacomo Dolzani – 

Bambini soldatoL’Unicef, la branca delle Nazioni Unite che si occupa di fornire assistenza ai bambini ed alle madri nelle zone di conflitto e di crisi, ha annunciato che, martedì , in seguito a lunghi negoziati, sono stati liberati in Sud Sudan 145 dei cosiddetti bambini soldato, ossia i minori costretti a combattere nelle formazioni armate attualmente in lotta.
Secondo quanto riferito da Mahimbo Mdoe, responsabile dell’Unicef per il paese africano, questo è stato il più alto numero di bambini rilasciati in una sola volta dal 2015, quando ne furono liberati 1.775, i quali ora saranno disarmati, riportati alle rispettive famiglie e sarà garantita loro un’assistenza psicologica.
I ragazzi appartenevano al South Sudan People Liberation Army in Opposition (Spla-io), ossia il gruppo guidato dal generale ed ex vicepresidente Riek Machar, in lotta contro l’esercito regolare del governo di Juba (Spla), ed alla Cobra Faction, una formazione ribelle attiva nello stato orientale dello Jonglei; stando ai dati dell’Unicef sono comunque ancora circa 16.000 i minori che combattono nel paese.
Nonostante la soddisfazione delle Nazioni Unite queste sono però soltanto azioni di facciata, sfruttate spesso dai vari gruppi per ripulire la propria immagine e dimostrare la propria buona volontà alla comunità internazionale; infatti, sempre stando ai dati dell’Onu, nel solo 2016 i bambini soldato arruolati nei vari eserciti sono più di 800, oltre il quintuplo di quelli liberati.
Nel suo ultimo rapporto, la Ong londinese Amnesty International, attiva nel settore dei diritti umani, ha parlato infatti di “atrocità di ogni genere” compiute contro i civili e proprio del vasto utilizzo, da parte di tutte le formazioni armate, governative o meno, di minori come soldati, una pratica questa che non sembra subire battute d’arresto.
Il conflitto in Sud Sudan, che nonostante le innumerevoli tregue firmate tra le varie parti continua ancora oggi, è scoppiato in seguito al fallito colpo di stato tentato da Machar il 17 dicembre 2013 ai danni del presidente Salva Kiir. Il golpe ha infatti portato il paese in una spirale di violenza che ha causato decine di migliaia di vittime, trasformandosi in poco tempo in un conflitto etnico tra i Nuer, gruppo cui fa parte il generale ribelle, ed i Dinka di Kiir.

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