Sudan. Al-Bashir accusato di corruzione. Non si fermano le proteste e la repressione

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La procura generale del Sudan ha ufficialmente accusato l’ex presidente Omar al-Bashir, deposto con un golpe l’11 aprile, di reati legati alla corruzione. Accuse che si vanno ad aggiungere a quelle già formulate di aver ordinato l’uccisione di manifestanti durante le proteste contro il suo regime trentennale.
Intanto nel paese non si fermano le manifestazioni, represse in modo violento da unità di paramilitari che fanno capo al del generale Mohamed Hamdan Dagalo, dei civili contro il governo militare di transizione del generale Abdel Fattah el-Borhan.
In pochi giorni sono state uccise 120 persone nei disordini che si sono tenuti in diverse città per chiedere il passaggio dei poteri ai civili, e vittime vi sono state anche nel giorno della disobbedienza, con scioperi e cortei di protesta.
Il governo militare ha ormai cancellato tutti gli accordi raggiunti con le organizzazioni della protesta ed ha sospeso i negoziati, cosa che ha fatto sparire i propositi di un accordo volto a soddisfare le richieste dei milioni di manifestanti in tutto il paese.
I responsabili della protesta accusano tuttavia anche Emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita, paesi finanziatori del governo in carica ed attivi ovunque vi siano crisi e guerre, dalla Libia con il sostegno a Khalifa Haftar, alla Siria con i “ribelli” jihadisti, allo Yemen.
Nei giorni scorsi si è riunito il Consiglio di Sicurezza dell’Onu su richiesta di Gb e Germania per fare pressioni sui militari sudanesi al fine di fermare le violenze, ma non sono state approvate risoluzioni in quanto si sono messe di traverso Russia e Cina, paesi con il diritto di veto, la Russia e la Cina. Per la Cina si tratterebbe di “una questione interna sudanese”, posizione condivisa da Russia e Kuwait, per cui a Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito e Svezia non è restato altro da fare che emettere una poco incisiva nota congiunta per “condannare i violenti attacchi in Sudan compiuti dalle forze di sicurezza sudanesi contro i civili” e per chiedere “un trasferimento di poteri concordato a favore di un governo guidato da civili, come richiesto dalla popolazione del Sudan”.