Sudan. Caos politico e disobbedienza civile

di Valentino De Bernardis

Si è conclusa ieri l’ennesima giornata di proteste in Sudan. Nonostante i divieti in essere, la popolazione ha risposto copiosamente all’invito alla disobbedienza civile da parte dalle forze di opposizione presenti nel paese, e quelle in esilio. Si è trattata dell’ultima manifestazione, in ordine temporale, che testimonia lo stallo politico e istituzionale in cui è precipitato il paese dallo scorso dicembre. Oggi come ieri, una soluzione pacifica e condivisa tra le parti in causa sembra lontana, anzi lontanissima.
L’evento scatenante da cui hanno preso piede le proteste, è stata la decisione del governo di aumentare (anche di tre volte) il prezzo dei beni di prima necessità, in un tentativo maldestro e miope di risanare i conti del bilancio pubblico. Il malessere per le politiche economiche di Khartum è presto sfociato nella rimostranza di un più ampio malcontento di sottofondo, fino alla richiesta di un cambio al vertice delle istituzioni guidate, dopo il colpo di stato del 1989, da Omar Hassan Ahmad al-Bashir. Allo stesso modo il focolaio di manifestazioni prima ridotto alla città di Atbara si è ben presto allargato a macchia d’olio coinvolgendo anche la capitale.
La decisione del presidente al-Bashir di rispondere con il pugno di ferro ai manifestanti non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco, ulteriormente alimentata dalle vittime della repressione (60 secondo un conteggio ufficioso e per difetto).
Una situazione che in pochi mesi è letteralmente esplosa nelle mani di al-Bashir, incapace di trovare le adeguate contromisure. Le concessioni fatte, come il congelamento dei rincari sul cibo, l’annuncio di al-Bashir di non voler correre alle elezioni del 2020, e lasciare la guida del National Congress Party al suo vice Ahmed Harun non hanno avuto l’effetto sperato. Cosi come le defenestrazione del primo ministro Motazz Moussa a favore di Mohamed Tahir Ayala, e il nuovo rimpasto di governo del 13 marzo non hanno avuto l’effetto di calmare le acque. Infatti sebbene siano stati delle iniziative politiche apprezzabili, hanno un difetto di base che le ha rese insufficienti: sono giunte fuori tempo massimo.
In questo scenario anche la monolitica sovrastruttura statuale creata da al-Bashir ha iniziato a far vedere le prime crepe. Non è un caso che l’11 marzo il parlamento riunito a sessioni comune abbia ratificato a maggioranza (e non all’unanimità) il decreto presidenziale di emanare lo stato di emergenza. E non è un caso che esso sia stato ridotto a soli sei mesi, invece che i dodici iniziali come proposta presidenziale.
Segnali inequivocabili di un prossima transizione al potere, e in molti ne sono consapevoli fuori e dentro il paese. Bisogna capire se il cambio al vertice del potere sarà indolore o sancito da una nuova guerra civile. Un ruolo centrale sarà quindi giocato dall’esercito.
Per assicurarsi l’appoggio delle forze militari al-Bashir lo scorso 22 febbraio ha esautorato dalle proprie cariche le autorità civili a capo dei diciotto stati federali del Sudan, assegnando i ruoli di governatori a militari di carriera. Due settimane dopo (8 marzo) ha attuato un forte rimpasto dei vertici militari stessi, con promozione dei più giovani e il pensionamento anticipato degli anziani. Sarà sufficiente ad evitare nuovo colpo di stato?
Nel frattempo è anche iniziata la diplomazia sotterranea dell’Università di Kartum (UofK), forse una delle istituzione più importanti e ascoltate del paese, per la nascita di un governo transitorio per garantire elezioni libere e democratiche nel 2020. L’UofK ha dopotutto giocato sempre un ruolo chiave nei periodi bui del Sudan. In passato le sue iniziative politiche hanno facilitato i cambi di governo del 1964 e del 1985 con la fine dei regimi del generale Ibrahim Aboud prima, e il generale Gaafar Nimeiri poi. Sarà cosi anche nel 2019? Restiamo ad osservare. L’unica certezza è che al-Bashir dopo trent’anni di potere incontrastato sarà costretto a passare il testimone
Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale.

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