Sudan. I militari respingono la mediazione dell’Etiopia

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L’Etiopia ha tessuto una mediazione per stemperare la tensione in Sudan, dove alla fine della trentennale dittatura di Omar al-Bashir è seguito un governo militare di transizione guidato un primo momento dal ministro della Difesa Awad Mohamed Ahmed Ibn Auf, ed oggi dal generale Abdel Fattah el-Borhan, il cui curriculum sembra essere più “pulito” non essendo coinvolto in crimini di guerra o soggetto mandati di cattura internazionali.
Da quell’11 aprile diverse città del Sudan sono divenute teatro delle manifestazioni di molti cittadini, guidati dall’Associazione dei professionisti, che chiedono da subito il passaggio dei poteri ai civili, senza attendere il periodo di transizione di tre anni del governo dei militari. Manifestazioni che sono sfociate in aspri scontri con centinaia di morti soprattutto per la repressione operata dai paramilitari del generale Mohamed Hamdan Dagalo.
La mediazione messa in piedi dall’Etiopia, accettata ieri dai civili, prevede un Consiglio di transizione formato da 15 membri con una maggioranza di civili e con una presidenza a rotazione tra militari e civili.
Tuttavia i militari hanno respinto il documento, seppure parzialmente, chiedendo modifiche e la presentazione di un piano accettabile anche per entrambe le parti.
Il portavoce dell’esercito, il tenente generale Shams-Eddin Kabashi, ha fatto notare che “Abbiamo detto al nostro presidente che abbiamo ricevuto la proposta dell’Etiopia, ma che è diversa da ciò che avevamo concordato con la mediazione e con il primo ministro etiopico. Non prenderemo in considerazione questa proposta finché non avremo risposte chiare sul perché ci siano discrepanze”.
Nei giorni anche l’Unione Africana aveva tentato una mediazione.