di Giuseppe Gagliano –
La presenza della Russia in Sudan è un esempio emblematico della sua strategia di penetrazione in Africa, evidenziando le ambiguità e i dilemmi geopolitici che caratterizzano la politica estera di Mosca nel continente. Da un lato, la Russia ha storicamente sostenuto le Forze di Supporto Rapido (RSF) sin dai tempi del regime di Omar al-Bashir, stipulando accordi per lo sfruttamento delle risorse aurifere in Darfur in cambio di supporto militare e protezione politica. Dall’altro Mosca sta cercando di riavvicinarsi al governo di transizione guidato dall’esercito, con l’obiettivo di non perdere l’accesso alle vitali forniture di oro e di realizzare il progetto di una base militare sul Mar Rosso.
L’influenza russa in Sudan è stata costruita su due fronti: diplomatico e informale. Sul piano diplomatico il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha svolto un ruolo chiave attraverso incontri bilaterali e partecipazioni a forum Russia-Africa, consolidando i legami con vari governi sudanesi. Sul piano informale, il Gruppo Wagner, ora rinominato Africa Corps, ha rappresentato l’avanguardia dell’espansione russa, fornendo supporto militare alle RSF e assicurandosi contratti per lo sfruttamento dell’oro. Questa strategia ha permesso a Mosca di stabilire una presenza significativa in Sudan, utilizzando le risorse naturali del paese per sostenere la sua economia e il suo sforzo bellico in Ucraina.
La complessità della situazione sudanese si riflette nella duplice alleanza di Mosca. Il supporto alle RSF di Hemeti ha permesso alla Russia di mantenere un flusso costante di oro, che viene commercializzato attraverso gli Emirati Arabi Uniti, contribuendo così a finanziare le operazioni militari russe nonostante le sanzioni occidentali. Tuttavia, con lo scoppio del conflitto interno in Sudan nell’aprile 2023, la Russia ha dovuto bilanciare il suo sostegno a Hemeti con un riavvicinamento al governo di transizione guidato dal generale al-Burhan. Questo riavvicinamento è stato sottolineato dall’incontro del 7 giugno tra Lavrov e Malik Agar, vicepresidente del Consiglio sovrano sudanese, durante il Forum economico internazionale di San Pietroburgo.
La proposta di una base militare russa sul Mar Rosso rappresenta un elemento cruciale nella strategia di Mosca in Sudan. Tale base non solo rafforzerebbe la posizione militare russa nella regione, ma sarebbe anche un punto strategico per proiettare potenza nel Mar Rosso e influenzare le rotte commerciali tra Asia ed Europa. Nonostante le smentite russe sulla decisione definitiva riguardo alla base, il progetto riflette la volontà di Mosca di consolidare la sua presenza in Africa orientale, in stretta collaborazione con l’Iran, che sostiene il governo di al-Burhan.
La posizione ambigua della Russia in Sudan, oscillando tra il sostegno alle RSF e il riavvicinamento al governo di transizione, evidenzia una strategia flessibile e opportunistica. Mosca cerca di massimizzare i propri interessi mantenendo aperti i canali con entrambi i contendenti, garantendosi così accesso alle risorse aurifere e potenziale controllo strategico sul Mar Rosso. Questo approccio permette alla Russia di navigare le complesse dinamiche politiche del Sudan e di mantenere una posizione influente nella regione, rafforzando al contempo la sua presenza in Africa in un contesto di crescente competizione con l’occidente.
La politica russa in Sudan è un esempio di come Mosca utilizzi una combinazione di diplomazia formale e operazioni informali per perseguire i propri obiettivi strategici. La capacità di adattarsi rapidamente alle mutevoli dinamiche politiche del paese e di mantenere relazioni con diversi attori locali permette alla Russia di consolidare la sua influenza in una regione di grande importanza geopolitica. Questo approccio poliedrico riflette la complessità delle ambizioni russe in Africa e la loro determinazione a rimanere un attore chiave nel continente, sfruttando ogni opportunità per rafforzare la loro posizione globale.