Svizzera. Sanzione dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per una multa a una donna di etnia rom

di Alberto Galvi –

La Corte europea dei Diritti dell’uomo ha accusato la Svizzera di aver imposto una pesante multa a una donna rumena di etnia rom. La donna è risultata analfabeta, senza un lavoro né un sussidio di alcun tipo, per questo non è riuscita a pagare la multa ed è stata arrestata per cinque giorni. La poco più che ventenne donna rom, per aver mendicato per strada a Ginevra nel gennaio 2014 è stata sanzionata con una multa di 464 euro.
La Corte ha dichiarato che le sanzioni contro la donna di etnia rom sono state sproporzionate rispetto agli obiettivi che ha la Svizzera di combattere la piccola criminalità e quella organizzata e di difendere i propri concittadini dall’esercizio molesto dell’accattonaggio.
La Svizzera ha violato l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce la protezione della vita privata e familiare. La donna aveva il diritto di soddisfare i suoi bisogni chiedendo l’elemosina. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ordinato alla Svizzera di pagare alla donna 922 euro di danni morali.
In Svizzera si stima ci siano attualmente circa 80mila rom, che hanno fatto parte di questa società per 600 anni. I primi documentati risalgono al 1418.
In Europa vivono tra i 10 e i 12 milioni di Rom soprattutto nella parte orientale in Paesi come la Romania. Ci sono anche popolazioni significative in Bulgaria, Spagna, Slovacchia, Ungheria, Turchia e Francia.
Con radici nella Valle dell’Indo, i Rom sono emigrati nell’Europa orientale nel decimo secolo e sono stati perseguitati nel corso della storia. Durante l’Olocausto 800mila zingari sono stati uccisi nella Germania nazista.
Dopo la fine della Guerra fredda, molti rom cercano di sfuggire alla povertà e alla discriminazione viaggiando verso i Paesi dell’Europa occidentale.
In un momento in cui il mondo si sta mobilitando per contrastare la diffusione del Covid-19, bisogna che le persone di etnia rom abbiano pari accesso ai servizi essenziali nei Paesi in cui vivono, per rispettare il quadro europeo esistente in materia di diritti umani, compresi i principi di non discriminazione e di uguaglianza, al fine di soddisfare le loro esigenze basilari e di protezione contro il contagio.