Tagikistan. Continuano gli investimenti (e le influenze) cinesi

di Mario Rafaniello

L’Assemblea suprema (il parlamento, Majlisi Oli) del Tagikistan ha ratificato lo scorso 30 ottobre l’accordo di sovvenzione siglato a giugno con la Cina, la quale stanzierà una somma di 360 milioni di dollari. La considerevole cifra contribuirà all’avanzamento dei lavori per migliorare la rete autostradale tagika. In particolare l’intervento riguarderà il tratto Kulob-Bokhtar (nella zona sud-occidentale del paese, sul versante che scende verso l’Afghanistan) e quello Kulma-Dushanbe (che attraversa tutto il Tagikistan dal confine cinese fino alla capitale, arrivando a meno di 300 km da Samarcanda, in Uzbekistan). Al primo intervento verranno destinati 35 milioni di dollari, secondo quanto dichiarato dal ministro per lo Sviluppo Economico e il Commercio tagiko Negmatullo Hikmatullozoda, che al momento non ha fornito una cifra riguardo il secondo tratto.
L’accordo appena ratificato dal parlamento tagiko fu concluso durante la visita dal presidente cinese Xi Jinping nella capitale Dushanbe, avvenuta a giugno. In quell’occasione il leader cinese prese parte al quinto vertice della Conference on Interaction and Confidence Building Measures in Asia (Cica), forum intergovernativo nato nel 1999 per rafforzare la cooperazione e la stabilità dei paesi asiatici membri. Con quest’ultimo importante prestito da 360 milioni di dollari, gli aiuti forniti da Pechino al Tagikistan ammontano ad almeno 1,5 miliardi. Una somma che supera la metà del debito estero dell’ex paese sovietico, e che potrebbe essere fonte di condizionamenti. Il dato preoccupante è stato diffuso da Akramsho Felaliev, vicepresidente dell’Assemblea dei rappresentanti tagika (la Camera bassa, Majlisi namoyandagon). Altri 130 milioni di dollari erano già stati stanziati nel giugno 2018 per favorire la costruzione di alcuni edifici governativi in Tagikistan, in particolare della nuova sede del parlamento. Anche in questo caso l’accordo tra le parti fu firmato a Dushanbe, durante la visita ufficiale del primo ministro cinese Li Keqiang. Un aiuto precedente, sempre mirato alla costruzione del parlamento del Tagikistan, fu concesso da Pechino nel settembre 2017 a seguito di un accordo firmato dal presidente tagiko Emomali Rahmon in visita nella capitale cinese, In quest’ultimo caso si concordò lo stanziamento di 215 milioni di dollari. A completare il pesante quadro economico vi è la faraonica (e costosa) diga di Roghun, progetto da almeno 4 miliardi di dollari che il governo tagiko si propone di completare entro il 2033, ma su cui chiede apertamente aiuti economici esterni, come affermato ad agosto dal ministro delle Finanze Faiziddin Kahhorzoda.
Tra i paesi confinanti con l’enorme Repubblica Popolare Cinese, il Tagikistan è forse quello che ha più subito l’influenza di Pechino di recente. Gli interessi economici sul tavolo non si limitano solo alla Belt and Road Initiative. Secondo quanto riportato dal media indipendente RFE/RL’s Tajik service, sarebbero diversi gli episodi di sgravi fiscali e agevolazioni concesse dal governo di Dushanbe alle aziende cinesi operanti sul territorio (caso TBEA, società attiva nelle estrazioni minerarie che ha finanziato la costruzione della centrale termoelettrica TETs-2 nella capitale tagika; caso Kashgar Xinyu Dadi Mining Investment, altra società del settore minerario). All’influenza economica cinese si aggiunge anche quella militare, dovuta alle preoccupazioni nell’area tagica orientale confinante con lo Xinjiang. Negli ultimi anni la Cina ha aumentato la propria presenza in Tagikistan, con lo stanziamento di truppe nella difficile zona del Gorno-Badachšan, all’interno dell’enorme area montuosa del Pamir, al confine tra i due paesi e l’Afghanistan. Questa delicata situazione venne alla luce grazie ad una inchiesta del Washington post resa pubblica a febbraio e che fece molto discutere. La zona oggetto delle manovre militari cinesi su territorio tagiko (dove sarebbe presente una base a Shaimak, stando ai rilievi satellitari) non è distante dal corridoio di Wakhan, striscia di terra afgana dall’importanza geopolitica enorme.
La particolare posizione geografica del Tagikistan, situato nel cuore dell’Asia centrale, lo rende un interessante crocevia tra il medio Oriente e il gigante cinese, che negli ultimi decenni ha saputo approfittare sia della caduta dell’URSS che del graduale ritiro americano per estendere la propria influenza sull’area (soprattutto in termini di soft power economico e diplomatico). Tuttavia il Tagikistan soffre una condizione di ritardo nello sviluppo economico rispetto ad altri paesi dell’Asia centrale, e dipende fortemente da questo tipo di aiuti esterni e dalle rimesse degli emigrati.