Togo. Alle presidenziali vince nuovamente Faure Gnassingbé

di Alberto Galvi

Le elezioni presidenziali in Togo sono state vinte per l’ennesima volta dal 53enne Faure Gnassingbé del partito UNIR (Union for the Republic) con il 72% dei voti, al secondo posto, il leader dell’opposizione Agbéyomé Kodjo del partito RPT (Rassemblement du Peuple Togolais) con il 18% dei voti.
Gnassingbé ha guidato la popolazione del Togo di 8 milioni di persone da quando è subentrato nel 2005 quando i militari hanno insediato suo figlio come presidente ad interim, ignorando una legge che stabiliva che il capo dell’assemblea nazionale sarebbe dovuto subentrare per quell’incarico.
Con il recente voto in cui è stato eletto Faure Gnassingbé è stato esteso a oltre mezzo secolo di governo il potere della sua famiglia dopo la morte di suo padre Eyadema, che ha governato il Togo per 38 anni. Tra gli alleati storici della più potente famiglia togolese, c’è sicuramente la Francia, che è particolarmente sensibile alla stabilità di quel paese, in chiave anti jihadista nel vicino Sahel, che è invece una regione molto instabile.
Il rimanente 10% dei voti se lo sono divisi gli al tri candidati alla presidenza come Jean-Pierre Fabre del partito NAC (National Alliance for Change), ex giornalista ed attivista per i diritti umani, Tchabouré Gogué del partito ADDI (Alliance of Democrats for Integral Development) e Mouhamed Tchassona-Traoré del partito MCD (Mouvement Citoyen pour la Démocratie). Gli altri candidati sono: Komi Wolou del partito SPR (Socialist Pact for Renewal), Georges-William Assiongbon Kouessana che ha partecipato a diverse coalizioni dell’opposizione, tra cui la C14 (Coalition des 14 partis).
A sostegno della regolarità delle elezioni, circa 300 osservatori internazionali sono stati schierati, principalmente dalla ECOWAS (Economic Community of West African States) e dall’Unione Africana. Inoltre la scorsa settimana hanno perso il loro accreditamento 500 osservatori della società civile, accusati di interferire nel processo elettorale insieme ai 9 mila osservatori del Consiglio episcopale per la giustizia e la pace, ai quali non è stato anche permesso di monitorare il voto.
I 6 sfidanti dell’opposizione avevano suggerito di unirsi contro Gnassingbé se non avesse ottenuto la maggioranza assoluta e le elezioni fossero proseguite per un secondo turno. Nonostante la diffusa disaffezione e le proteste che chiedevano le sue dimissioni, un’opposizione fratturata non è riuscita a sconfiggerlo.
Lo scorso anno è stata approvata una riforma costituzionale che gli ha permesso di chiedere la rielezione e potenzialmente di rimanere in carica fino al 2030. Le proteste per chiedere la fine del potere della famiglia Gnassingbé sono scoppiate nel 2017 e nel 2018. Il Togo è diventato tra il 2005 e il 2011 un hub strategico per il traffico di droga e riciclaggio di denaro nell’Africa occidentale. Il paese africano a causa dei deflussi di capitali illeciti ha perso in quel periodo 17,8 miliardi di dollari.
Durante tutta la sua campagna, Gnassingbé aveva promesso di combattere la povertà nel paese attraverso programmi di riforma globale. Inoltre il neo eletto presidente togolese ha promesso che continuerà le riforme che hanno contribuito a raggiungere una crescita economica annuale di circa il 5% negli ultimi anni.