Tunisia. Crisi istituzionale e politica tra democrazia, pandemia e flussi migratori

di Mariarita Cupersito

Resta alta la tensione in Tunisia a pochi giorni dal colpo di mano del presidente Kais Saied, che lo scorso 25 luglio ha sospeso per 30 giorni i lavori del Parlamento e destituito il primo ministro Hichem Mechichi del partito Ennahda, l’organizzazione islamica moderata al potere nel Paese dal 2011 dopo la cacciata del presidente Ben Ali in seguito alla Rivoluzione dei Gelsomini.
Saied ha ordinato un giro di vite sulla corruzione contro 460 uomini d’affari e un’indagine su presunti finanziamenti illegali ai partiti politici, minacciando “grandinate di pallottole” contro chi avesse intenzione di sparare un solo colpo contro le forze di sicurezza.
Nell’annunciare tali provvedimenti di emergenza, il presidente ha fatto riferimento all’articolo 80 della Costituzione del 2014 citandone tuttavia solo la prima parte, quella che lo autorizza ad adottare misure in caso di imminente minaccia alla sicurezza e all’indipendenza dello Stato. Ha agito autonomamente senza consultare nessuno, come prevede invece l’articolo in esame, e senza tener conto che la Corte costituzionale, menzionata sempre dall’articolo come garanzia per i diritti dei cittadini, è del tutto inesistente in quanto nessun Parlamento è riuscito a nominarla.
Il leader del partito e presidente del Parlamento, Rached Ghannouchi, ha contestato la legittimità delle azioni di Saied gridando al golpe e chiamando alla rivolta, ma il popolo del partito islamico non ha risposto all’appello. Per il partito di maggioranza, le cui sedi negli ultimi mesi sono state assalite da tunisini esasperati per le difficoltà economiche, si prospetta dunque una crisi senza precedenti.
Mentre le piazze sembrano continuare a sostenere in larga misura il presidente e condividere una scelta essenzialmente antidemocratica pur di creare le basi di una nuova repubblica, tali provvedimenti hanno di fatto gettato il Paese in un clima di forte incertezza, tra accuse di colpo di Stato, promesse di normalizzazione e il rischio di un’imminente guerra civile.
Il caos politico in Tunisia rischia di avere importanti ripercussioni sull’incremento del flusso migratorio verso i vari punti di approdo nel sud Italia, dove negli ultimi giorni gli arrivi di migranti si sono moltiplicati e le autorità locali hanno già chiesto al governo nuovi accordi con il Paese nordafricano. Secondo la stampa tunisina, migliaia di cittadini sarebbero pronti a lasciare il Paese e ad attraversare il Mediterraneo.
In una telefonata di un’ora con Saied, il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, ha espresso il suo sostegno alla “democrazia tunisina basata sui diritti fondamentali, su istituzioni forti e sull’impegno per lo Stato di diritto”, come riporta una dichiarazione della Casa Bianca. “La Tunisia deve ritrovare rapidamente la via della democrazia”, ha concluso Sullivan.
La pandemia da Covid-19 continua intanto a mettere a dura prova il Paese, che è attualmente il secondo al mondo per numero di morti per milione di abitanti. La comunità internazionale si è mossa a sostegno della Tunisia nella sua lotta al Covid e l’Italia è in prima fila tra i Paesi donatori, con cinque container di materiale sanitario, varie donazioni di ossigeno e un milione e mezzo di dosi di vaccino a inviate a Tunisi “come sostegno concreto ed immediato al popolo tunisino nel contrasto al Covid-19”, come riporta una nota della Farnesina.