Tunisia. Dopo aver licenziato il Parlamento, Saied manda a casa 57 giudici

Al via una settimana di sciopero della magistratura.

di Saber Yakoubi

TUNISI. Dopo aver licenziato lo scorso marzo l’intero Parlamento, il presidente tunisino Kais Saied ha calato la sua mannaia sui magistrati. La Gazzetta Ufficiale tunisina ha infatti reso noto che ben 57 giudici sono stati mandati a casa in quanto accusati di diversi reati tra cui corruzione, collusione con i partiti, molestie sessuali e persino insabbiamento delle prove in casi di sospetto terrorismo.
Il presidente dell’Amt (Associazione dei magistrati tunisini), Anas Hmadi, ha parlato di clima di intimidazione ed ha affermato che tali iniziative “rappresentano una minaccia per l’indipendenza della magistratura e una violazione dei diritti dei magistrati”, e ha annunciato azioni anche presso le sedi internazionali e uno sciopero della magistratura di una settimana a partire da domani.
Le opposizioni hanno osservato che esistono meccanismi disciplinari per colpire i magistrati responsabili di azioni criminali, ed hanno insistito che quanto sta accadendo in Tunisia sta assumendo sempre più i connotati del colpo di Stato: nel dicembre scorso Saied ha sospeso il Parlamento in base all’articolo 80 della Costituzione, ma è andato ben oltre il termine previsto di un mese arrivando a cancellarlo del tutto lo scorso marzo e con esso l’immunità dei deputati. Stessa sorte è capitata al governo di Hisham al-Mechichi, licenziato, mentre la Costituzione è stata sospesa; il Consiglio supremo della magistratura è stato sciolto e poi ricreato assegnando però al presidente della Repubblica il potere di mandare via i magistrati che “influiscono in modo negativo sulla reputazione e il buon funzionamento della magistratura”, mentre alla fine di maggio sono state definite persone non grate, e quindi espulse, i membri della Commissione Venezia, organo del Consiglio d’Europa che monitora la situazione democratica e di rispetto dei diritti di un paese.
Per il Fronte di salvezza nazionale, che riunisce parte delle opposizioni, “l’ingerenza del presidente nel funzionamento della struttura giudiziaria corrisponde a uno strumento di persecuzione”, ma anche il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Ned Price ha espresso “preoccupazione per misure che che minano le istituzioni democratiche indipendenti della Tunisia”. Price ha anche affermato che “Continuiamo a sollecitare il governo tunisino a perseguire un processo di riforma completo e trasparente con il contributo della società civile e delle diverse voci politiche per rafforzare la legittimità delle azioni intraprese”.
Non tutti però vedono nell’operazione messa in piedi da Saied il colpo di Stato o la strada per l’autarchia. Una parte consistente dell’opinione pubblica ritiene che le misure adottate dal presidente siano necessarie per passare dal sistema parlamentare a quello presidenziale. A sostegno di questa tesi vi è il fatto che, effettivamente, il paese era costantemente bloccato per via della frammentata rappresentanza parlamentare, con piccoli gruppi di deputati in grado di bloccare per mesi i lavori della Camera.
Il 25 luglio in Tunisia si voterà proprio per la nuova Costituzione, ma qualunque sia il risultato è necessario tornare nel più breve tempo possibile a investire tutte le energie sulla grave crisi economica che investe il Paese, ormai prossimo al default, con un’alta disoccupazione giovanile, la corruzione e la criminalità diffuse, e un alto costo della vita.