Tunisia. Habib Jemli non è riuscito ad ottenere la fiducia dall’Assemblea

di Albero Galvi

L’Assemblea tunisina ha respinto un governo proposto dal premier designato Habib Jemli dopo mesi di negoziati tra partiti politici per ricoprire posizioni di potere. L’incapacità di Jemli di ottenere il voto di fiducia significa che il Paese nordafricano deve riavviare un complesso processo di trattative tra i membri della coalizione.
Jemli, è un candidato indipendente, ed è stato nominato dal partito islamista Ennahdha, che è arrivato primo nelle elezioni legislative dell’ottobre 2019, ma non è riuscito a ottenere la maggioranza nell’Assemblea. I principali partiti del parlamento tunisino sono: Ennahdha, HT (Heart of Tunisia), DC (Democratic Current), DC (Dignity Coalition), FDP (Free Destourian Party), PM (People’s Movement), TT (Tahya Tounes) e MT (Machrouu Tounes).
Jemli ci ha provato in tuti i modi per convincere 4 partiti a formare un governo: Democratic Current, People’s Movement, Tahya Tounes, Ennahdha. Sono trascorsi quasi 3 mesi da quando questa Assemblea è stata eletta, ma ne è uscita profondamente fratturata, con molte difficoltà a costruire una coalizione in grado di approvare un voto di fiducia.
Durante un’accesa sessione parlamentare solo 72 dei 213 legislatori presenti hanno votato a favore del gabinetto di Jemli, a causa degli attriti tra le parti in merito a nomine politiche. Il presidente Kais Saied ora ha 10 giorni per scegliere un nuovo primo ministro designato che tenterà di mettere insieme un governo accettabile per il Parlamento. Il nuovo esecutivo avrà poi bisogno del sostegno di almeno 109 dei 217 parlamentari che compongono l’Assemblea.
Questa sconfitta elettorale apre la strada alla candidatura di un nuovo premier che sarà scelto dal presidente Kais Saied, che è considerato più vicino ai partiti che rivendicano gli ideali della rivoluzione del 2011, come il partito nazionalista arabo People’s Movement e il Democratic Current dell’ex avversario Mohamed Abbou.
L’IMF (International Monetary Fund) ha approvato nel 2016 un prestito quadriennale di 3 miliardi di dollari per la Tunisia in cambio di importanti riforme, alcune delle quali contestate. A causa di ritardi, il paese ha ricevuto finora solo circa 1,6 miliardi di dollari.
In seguito alla Primavera araba del 2011, che ha rovesciato il presidente Zine El Abidine Ben Ali, la Tunisia ha cercato di rilanciare un’economia in difficoltà. Il governo tunisino uscente per ridurre il disavanzo pubblico ha effettuato dei dolorosi tagli alla spesa pubblica.
Per quanto riguarda l’lMF e altri istituti di credito stranieri stanno cercando di attuare ulteriori riforme fiscali. Intanto la disoccupazione continua a colpire la popolazione, in particolare i giovani, mentre l’inflazione sta erodendo un potere d’acquisto sempre più basso.
Se il candidato scelto da Saïed a sua volta non riuscirà a formare un governo, l’Assemblea rischia di sciogliersi e quindi di andare a nuove elezioni ritardando ulteriormente le misure necessarie per frenare l’inflazione e la disoccupazione che grava sul popolo tunisino. Saïed non ha un alleato politico naturale nell’Assemblea e questo non gli permette possibili alleanze per formare una nuova coalizione di governo.