Tunisia. Manca il pane: colpa dell’Ucraina o di chi governa?

di Saber Yakoubi

TUNISI. Da giorni viene lanciato dagli organi di stampa e da diverse istituzioni l’allarme per la carenza di grano in diversi paesi del Nordafrica a causa della guerra in corso in Ucraina. Le sanzioni internazionali alla Russia e la mancata o insufficiente produzione di frumento in Ucraina, ma anche di olio di girasole, rischiano di tradursi in pesanti ripercussioni: l’85% delle importazioni di grano dell’Egitto provengono dalla Russia (52%) e dall’Ucraina (33%), cioè 10 mln di tonnellate nel 2020, in calo nel 2021; nel paese vi sarebbero scorte per 5 mesi, ed il governo ha programmato l’aumento della produzione di grano che comunque risulta essere per forza di cose tardivo e quindi non in grado di attenuare i costi per il consumatore. Il 75% dei cereali importati dalla Libia proviene dall’Ucraina e dalla Russia, il Marocco importa il 21% del proprio fabbisogno di grano dall’Ucraina, la Tunisia il 47%, poi vi sono paesi totalmente dipendenti dalle importazioni di cereali da ucraina e Russia come l’Eritrea, o quasi come la Somalia, 90%.
In Tunisia, dove i prezzi sono in forte ascesa, vi sarebbero riserve per tre mesi. E’ tuttavia corretto addossare la “crisi del grano” della Tunisia alla guerra in corso in Ucraina? L’articolo di oggi di Karima Moual pubblicato su La Repubblica e intitolato “Viaggio nella Tunisia affamata dalla guerra in Ucraina: “‘Qui sta finendo anche il pane’” traccia un quadro allarmante, e sicuramente gli effetti della crisi ucraina si faranno sentire anche a Tunisi, ma la crisi economica, per intenderci anche del pane, ha preso inizio ben prima del conflitto voluto da Vladimir Putin. D’altronde nello stesso articolo viene osservato che “La Tunisia sembra una pentola a pressione tenuta a fuoco lento”, come pure che “C’è la crisi politica, con un parlamento sciolto formalmente il 30 marzo dal presidente della Repubblica Kais Saied, dopo che era stato sospeso da lui stesso già quest’estate”, ed è forse lì che va ricercata la prima casa della penuria di grano.
La Tunisia di oggi vive un marasma politico-istituzionale che va di pari passo con l’alto livello di disoccupazione, il caro vita, la povertà imperante, la corruzione diffusa e chi più ne ha più ne metta, ed è certamente responsabilità di chi governa se le agenzie di rating danno la Tunisia come prossima al default, cioè per Ficht CCC e per Moody’s Caa1 con outoock negativo.
L’ormai prossima “crisi del pane”, che verosimilmente colpirà a breve i tunisini già stremati per le conseguenze economiche della pandemia, va quindi di pari passo con la crisi politica, dopo le ripetute sospensioni del parlamento fino allo scioglimento dello stesso ad opera del presidente Saied, per uno scontro tra poteri fatto passare per l’articolo 80 della Costituzione, che prevede la possibilità per il presidente di sospendere al massimo per un mese il Parlamento e licenziare il governo in caso di comprovata urgenza per tutelare lo Stato. La Corte costituzionale è inesistente, in quanto mai stata nominata.
La verità è quindi che mancano i soldi perchè lo Stato, inteso come insieme di organi istituzionali, non sta funzionando, basti pensare che la stampa locale ha riportato in più occasioni di navi cariche di grano giunte nei porti tunisini, impossibilitate a scaricare la merce poiché non veniva pagata, ed anzi, lo Stato aveva dovuto versare le penali.