di Giuseppe Gagliano –
Un rapporto presentato al Parlamento europeo ha sollevato accuse pesanti contro le autorità tunisine, documentando un sistema organizzato di espulsione e vendita di migranti alla Libia. La ricerca, intitolata Traffico di Stato: espulsione e vendita di migranti dalla Tunisia alla Libia, si basa sulle testimonianze di trenta vittime e traccia un quadro inquietante: persone arrestati arbitrariamente in Tunisia, detenute in campi al confine e poi vendute a gruppi armati libici con la complicità delle forze di sicurezza tunisine. Il prezzo di un essere umano varia tra i 40 e i 300 dinari, con tariffe maggiorate per le donne, trattate come merce sessuale. Un business cinico, che non si limita alla compravendita di esseri umani ma prosegue con estorsioni alle famiglie delle vittime, costrette a pagare riscatti di 500 euro sotto minaccia di torture e violenze.
Gli autori del rapporto hanno scelto l’anonimato per evitare ritorsioni, sottolineando che in Tunisia un’inchiesta del genere non può essere condotta senza rischi. Del resto, il presidente Kais Saied aveva già dato segnali chiari nel febbraio 2023, quando dichiarò che i migranti subsahariani facevano parte di un “piano criminale” per cambiare la demografia del Paese. Da allora, le autorità tunisine hanno chiuso ONG che aiutavano i migranti e arrestato attivisti per il semplice fatto di aver denunciato abusi. Secondo l’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura, la situazione è peggiorata nel 2024, con un aumento dei casi di violenza sessuale ai danni di migranti, spesso con la complicità diretta delle forze di sicurezza.
Se la Tunisia è colpevole di crimini di Stato, l’Unione Europea non ne esce meglio. Per anni Bruxelles ha finanziato il governo tunisino affinché bloccasse i flussi migratori, chiudendo un occhio su abusi e deportazioni. Il risultato è stato un accordo da 105 milioni di euro per “rafforzare la gestione delle frontiere”, ovvero per continuare a pagare la Tunisia affinché fermi i migranti a qualsiasi costo. Il paradosso è che la stessa UE continua a considerare la Tunisia un “Paese sicuro”, chiudendo ogni via legale di accesso all’Europa e consegnando di fatto migliaia di persone a trafficanti, milizie e campi di detenzione. La retorica ufficiale parla di partenariati strategici e cooperazione nella gestione della migrazione. I documenti raccontano un’altra storia: una gestione criminale che condanna i migranti alla tortura, al ricatto e alla morte.