di Mohamed Ben Abdallah –
Lo scorso 14 dicembre il presidente della Tunisia, Kais Saied aveva reso noto, tra le ire dei partiti, che il parlamento sarebbe stato sospeso anche nel 2022, una decisione dovuta alla crisi politica e istituzionale in cui versava il paese. La sospensione dell’organo legislativo risaliva al 25 luglio dello scorso anno, quando Saied aveva annunciato “misure straordinarie”, tra cui il licenziamento del primo ministro Hisham al-Mechichi, la sospensione della Costituzione e del Parlamento e la revoca dell’immunità parlamentare, accorpando su di sé i poteri.
La Costituzione tunisina prevede all’articolo 80 la possibilità per il presidente di sospendere al massimo per un mese il Parlamento e licenziare il governo in caso di comprovata urgenza per tutelare lo Stato, ma l’iniziativa è stata vista da molti come un vero e proprio colpo di stato, anche perché non è mai stata nominata la Corte costituzionale, organo necessario per il bilanciamento dei poteri.
Tuttavia ieri il presidente tunisino è andato oltre, e durante una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale ha dichiarato lo scioglimento del Parlamento, un colpo di scena inaspettato e dovuto ad incontri in videoconferenza dei deputati sospesi in cui era stato votato l’annullamento dei decreti e delle ordinanze assunte da Saied a partire dal 25 luglio 2021. In un video della presidenza della Repubblica è stato questa volta Saied a parlare di “un tentativo di colpo di Stato”, ed il il ministro della Giustizia, Leila Jeffal, ha inviato una nota al procuratore generale presso la Corte d’appello di Tunisi per invitare il pubblico ministero ad avviare i necessari procedimenti giudiziari nei confronti di alcuni deputati accusati di “formare una banda di criminali e di complottare contro la sicurezza interna dello Stato”. I
Lo scioglimento del Parlamento pesa come un macigno sulla già grave crisi istituzionale e politica della Tunisia, paese che non si è ancora ripreso dal punto di vista economico dalla pandemia di coronavirus e che continua ad avere a che fare con un pesante tasso di corruzione e di criminalità, una disoccupazione giovanile diffusa e un alto costo della vita, per cui sono stati chiesti prestiti al fondo monetario internazionale con la conseguente richiesta di misure lacrime e sangue.
A onor del vero c’è da dire che la Costituzione del 2014, approvata sull’ondata della Primavera araba, garantisce anche ai partiti più piccoli la rappresentanza in Parlamento, una frammentazione che di fatto rendeva l’organo legislativo costantemente paralizzato. Fin dal 25 luglio per le strade di Tunisi è stato un susseguirsi di cortei di chi è contro e di chi sostiene Kais Saied, mentre è previsto per luglio un referendum per una nuova Costituzione e per dicembre le elezioni politiche.