di Alberto Galvi –
Le elezioni parlamentari tunisine del 17 dicembre sono state le prime da quando il presidente tunisino Kais Saied ha sciolto nel 2021 il Parlamento e licenziato il governo. La maggior parte dei partiti tunisini, compreso l’Ennahdha di tendenza islamista, ha sollecitato il boicottaggio delle elezioni dei 161 deputati dell’Assemblea nazionale. Pochi tunisini hanno mostrato interesse per le elezioni, anche perchè è mancato un serio dibattito pubblico tra i 1.055 candidati. La maggior parte era sconosciuta e meno del 12 per cento erano donne.
Con la partecipazione dell’8,8 per cento degli aventi diritto al voto, i partiti tunisini hanno voluto inviare a Saied un messaggio chiaro: i partiti politici sono stati messi da parte e i candidati si sono candidati individualmente. La nuova Assemblea nazionale, oltre ad avere scarso sostegno popolare, rende quasi impossibile licenziare il governo o chiedere conto al presidente. A tale risultato si è arrivati con la nuova Costituzione, approvata con un referendum in luglio (30% di affluenza).
La federazione sindacale UGTT (Unione Generale Tunisina del Lavoro) è uno dei pochi attori in grado di mobilitare proteste di massa, mentre i partiti Ennahdha e PDL (Partito Libero Destouriano) hanno chiesto a Saied di dimettersi e di annunciare le elezioni presidenziali. L’opposizione tunisina è profondamente divisa in tre blocchi principali: il Fronte di Salvezza Nazionale dominato da Ennahdha, i partiti di sinistra e il PDL.
Le elezioni hanno coronato un anno e mezzo di turbolenze politiche, da quando Saied ha preso i pieni poteri esecutivi nel luglio 2021 licenziando il governo e circondando il Parlamento di carri armati. Il rifiuto della maggior parte dei tunisini di partecipare alle elezioni è dovuto al fatto che il suo esito non avrebbe aiutato a migliorare le gravi condizioni economiche e sociali in cui vivono. Inoltre è molto più importante il sostegno di Washington a garantire i fondi dell’IMF (International Monetary Fund), che poi sbloccherebbero altri potenziali finanziamenti dai paesi europei e del Golfo. La Casa Bianca ha da sempre sostenuto le elezioni come unico strumento verso un pieno esercizio della democrazia.