Turchia. 337 ergastoli per i fatti del 2016. Ma permangono i dubbi sull’autenticità del golpe

di Enrico Oliari –

A distanza di 4 anni dal golpe, vero o presunto, avvenuto in Turchia, la Giustizia del paese mediorientale ha comminato oggi numerose pene tra cui 337 ergastoli, soprattutto a militari. Stando alla versione ufficiale, nella notte tra il 15 e il 16 luglio 2016 la rete gulenista mise in atto un tentativo di rovesciare il governo di cui premier era Ahmed Davutoglu, mentre presidente era Recep Tayyp Erdogan.
Nel caos di quelle ore vennero persino bombardati il Parlamento ed altri edifici del potere, come pure basi di militari che non si erano uniti al tentato colpo di stato.
Le condanne di oggi interessano anche ergastoli per 27 alti ufficiali e 4 civili fra cui il noto uomo d’affari Kemal Batmaz, mentre a 60 imputati sono state inflitte pene meno pesanti ed in 75 sono stati assolti. Le accuse per cui in molti sono stati riconosciuti colpevoli erano di tentato rovesciamento dell’ordine costituzionale, tentato omicidio del presidente della Repubblica e omicidio volontario.
Quello di oggi era il 289mo processo a seguito del golpe, ed in totale le condanne inflitte sono 4.100 di cui 2.500 ergastoli (in Turchia è stata abolita la pena di morte); tra la decina di processi in corso ve ne è uno do 500 persone imputate di azioni eversive.
Ripreso il controllo della situazione, in Turchia seguì l’arresto e il licenziamento di decine di migliaia tra dirigenti pubblici, membri del corpo diplomatico, militari, magistrati (almeno 2.700) ed insegnati, di questi ultimi un numero tale che venne messa in crisi la riapertura dell’anno scolastico.
L’accusa era di essere parte della “rete gulenista”: il ricco imam Fethullah Gulen, 76 anni, è esule da diverso tempo negli Stati Uniti, per cui il governo di Ankara ne ha chiesto senza successo e con qualche frizione diplomatica l’estradizione. Predicatore e assertore di un Islam moderato che convive con le diverse culture e che non è in contraddizione con la democrazia, Gulen negli anni ha costruito una scuola di pensiero che si è tradotta in scuole e università, uno “stato nello stato”, secondo gli inquirenti turchi.
Gulen è un sostenitore dell’entrata della Turchia nell’Ue sulla base della convinzione che entrambe le parti abbiano da guadagnarci, mentre sul terrorismo si è detto convinto che “Un musulmano non può essere un terrorista, né un terrorista può essere un vero musulmano”. Di per sé non è contro il secolarismo e la laicità della politica, a patto che garantisca la libertà di religione.
Tuttavia non vi è uno scontro ideologico-religioso alla base dell’azione anti-gulenista messa in piedi da Erdogan, con il cui leader in passato era alleato: Gulen aveva realmente una sua rete in grado di mettere i bastoni tra le ruote ad Erdogan contrastando il suo progetto assolutista. Tant’è che la controversa riforma costituzionale in senso presidenzialista seguita al golpe, che di fatto ha proclamato Erdogan “sultano” della Turchia e approvata attraverso un referendum anch’esso dubbio, è stata fatta dopo che la rete gulenista è stata messa sotto accusa.
E da più parti c‘è chi continua a sospettare che alla base del golpe non vi siano i gulenisti, bensì chi aveva interesse a rovesciare realmente l’ordine costituzionale. Com’è stato.

(Nella seconda foto: Fethullah Gulen).