Turchia. Altri 3.224 arresti di gulenisti. Perché la “rete” può minacciare l’assolutismo di Erdogan

di Enrico Oliari –

Ancora migliaia di arresti nella Turchia di Recep Tap Erdogan, ormai sempre più lontana dall’Europa: 3.224 mandati di cattura sono stati eseguiti dalle prime luci dell’alba, e si tratta ancora di individui ritenuti facenti parte della rete gulenista.
Sono ormai nove mesi che nel paese è in vigore lo stato d’emergenza, dopo che il 15 luglio 2016 vi è stato un tentativo di golpe la cui autenticità continua ad essere dubbia, tant’è che a guadagnarci sotto ogni profilo è stato lo stesso presidente Erdogan.
In un sol colpo è riuscito infatti a eliminare l’opposizione gulenista, proclamare uno stato d’emergenza che gli è stato utile per neutralizzare le opposizioni laiche e curde, arrivare ad una riforma costituzionale in senso presidenzialista che accentra su di lui una serie di poteri, garantirsi la presidenza per altri 12 anni e guadagnarsi un ruolo fondamentale nella dialettica geopolitica al punto da entrare in conflittualità con l’Unione Europea e riaprire i rapporti con la Russia, cosa che gli ha permesso di interagire e trovare accordi da protagonista sulla crisi siriana.
Fatto sta che il clima in Turchia è ormai quello del “tutti dentro”, come recitava un film di Alberto Sordi del 1984, e gli arresti di oggi seguono i 47mila del periodo immediatamente successivo al golpe, di cui 10.700 poliziotti e 7.400 militari, ma anche amministratori pubblici, insegnanti, magistrati e persino diplomatici.
Il ministro dell’interno Suleyman Soylu ha spiegato che i sospetti arrestati oggi “si erano infiltrati nella polizia” e “hanno cercato di guidarla dall’esterno formando una struttura alternativa”, aggiungendo che l’operazione di oggi, denominata “Imam nascosto”, rappresenta un “passo importante” nello “smantellamento” della rete eversiva di Gulen.
Il ricco imam Fethullah Gulen, 76 anni, è esule da diverso tempo negli Stati Uniti, per cui il governo di Ankara ne ha chiesto l’estradizione.
Predicatore e assertore di un Islam moderato che convive con le diverse culture e che non è in contraddizione con la democrazia, Gulen negli anni ha costruito una scuola di pensiero che si è tradotta in scuole e università, uno “stato nello stato”, secondo gli inquirenti turchi.
Gulen è un sostenitore dell’entrata della Turchia nell’Ue sulla base della convinzione che entrambe le parti abbiano da guadagnarci, mentre sul terrorismo si è detto convinto che “Un musulmano non può essere un terrorista, né un terrorista può essere un vero musulmano”. Di per sé non è contro il secolarismo e la laicità della politica, a patto che garantisca la libertà di religione.
Tuttavia non vi è uno scontro ideologico-religioso alla base dell’azione anti-gulenista messa in piedi da Erdogan: Gulen ha realmente una sua rete in grado di mettere i bastoni tra le ruote ad Erdogan contrastando il suo progetto assolutista. Tant’è che la controversa riforma costituzionale, approvata attraverso un referendum anch’esso dubbio, è stata fatta dopo che la rete gulenista è stata messa sotto accusa.
Oggi il partito di opposizione Chp (kemalista) ha annunciato l’intenzione di ricorrere alla Corte europea per i Diritti dell’uomo per chiedere l’annullamento del referendum sul presidenzialismo, dopo che il Consiglio di Stato e la Commissione elettorale hanno risposto picche alla richiesta di ricontare i voti a causa delle 2,5 milioni di schede non timbrate e dei possibili brogli. il “Sì” ha vinto con il 51,4%, pari a soli 1,3 milioni di voti.
Sempre nella giornata odierna si è registrata l’ennesima frizione fra Ankara e Bruxelles: l’accordo sui migranti prevede il riavvio dei processi di adesione, ma l’arresto di giornalisti ed oppositori (sono in carcere anche deputati del partito filocurdo Hdp), i dubbi sul tentativo di golpe del 15 luglio e le azioni contro i gulenisnti stanno spingendo nei palazzi europei la convinzione che si chiuda definitivamente l porta dell’Ue alla Turchia.
Erdogan d’altronde si è detto intenzionato a promuovere un referendum sulla reintroduzione della pena di morte, come pure sull’adesione alla Casa comune.
Oggi il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, è intervenuto per dire che “Tocca alla Turchia chiarire le sue intenzioni nei confronti dell’Unione Europea e del processo di adesione” all’Ue”. “Abbiamo – ha aggiunto – gravi preoccupazioni, ma in un certo numero di aree dobbiamo lavorare insieme” alla Turchia.

Nella seconda foto: Fethullah Gulen.